giovedì 18 dicembre 2014

Pietà: l'è morta


 Tre parole sull'urbanistica. Ma tre davvero anche se - come si dice - il discorso sarebbe ampio e radicale.

- L'urbanistica come cultura, disciplina e pratica, è oggi morta, contrariamente a quanto potrebbero far pensare i quintali di carta su cui si enumerano regole, riferimenti, sigle, rimandi a, intricate parentele disciplinari, etc. Ogni Regione, poi, aggiunge del suo.
- Mentre abbondano le articolazioni grafiche e specialistiche (di specialità perlopiù di nuovo conio); e crescono le pagine che spiegano l'inspiegabile, il Disegno si è perso. Non c'è mai una sintesi tra le diverse competenze "assoldate".
- Il Disegno, nel senso di ideazione tentativa, visione estesa e complessiva dell'ambiente, e anche di analisi esemplificativa e preprogettuale, è disperso: se non inesistente.
- Chi amministra l'urbanistica (regioni e comuni: e lo Stato?) non studia, non elabora, non interviene attivamente. Tecnici, anche di buona scuola, sono completamente declassati a burocratiche funzioni; e i cosiddetti dirigenti sopravvivono tra frustrazione e arroganza.
Gli Amministratori, gli Assessori, perlopiù recitano la parte.

veduta per il Nuovo Piano Regolatore di Siena di Luigi Piccinato (1953?)
Giancarlo De Carlo, schema per il rapporto San Miniato-La Lizza (1973?)

lunedì 15 dicembre 2014

Uno sciopero fuori luogo


La boutique Marzucchi di Via Montanini ha circa trentanni. E non li dimostra: come succede spesso ad architetture, se di questo di tratta, prevalentemente di interni in vista che non sono nati con la voglia di essere completamente up to date. Specie quando si offrono ed espongono prodotti di qualità che si vorrebbe durassero nel tempo e nell'apprezzamento.
Dunque, anche lo spazio che esprime queste ambizioni avrebbe l'intenzione di durare ancora nel tempo e nell'apprezzamento. Se lo si legge con attenzione si trovano i caratteri principali: materiali e forma dello spazio non ossessivamente omogenei tra di loro secondo un disegno totalizzante. Travertino, arredi bianchi e, verniciata di bianco, anche una preesistente robusta longarina con, ancora leggibili, le sue storiche generalità. Fonti di illuminazione che occhieggiano al Deco; le lampade appese di Alvar Aalto anch'esse bianche e anni trenta. Due grandi tavoli a fronte con i ripiani di travertino ritagliati da una lastra originaria in modo complementare: i lati che si fronteggiano potrebbero far pensare a una stoffa ritagliata da abile sarto. E poi specchi, perché bisogna anche guardarsi e, soprattutto, che lo spazio si allunghi, ma in modo non simmetrico e totale. Poi gli ambienti per provarsi i vestiti, ovviamente; e le due vetrine che lasciano trasparire e respirare l'interno.
A chiudere il tutto, quasi a filo strada, due grandi sportelli scorrevoli in legno con, al centro, due mezzi quadrati di cristallo che formano, a porte chiuse, un quadrato perfetto. In modo che si legga bene sullo sfondo il nome Marzucchi al neon, anche di notte.
All'esterno, verso la soglia, due semi colonnini ai lati dell'apertura sulla strada, aspettano invano l'arrivo di una carrozza. I grandi sportelli, se chiusi, proteggono i vestiti nella vetrina in modo che non invecchino rimanendo sempre in vista.

E' la seconda volta, nella notte di sabato 13, che qualcuno ha tentato di dare fuoco a questi sportelli.
Ma questa volta c'era l'incentivo stuzzicante di bruciare facilmente il cumulo di cartoni che erano lì davanti, come a tanti altri negozi e portoni delle strade cittadine.
Si dirà che c'era stato, il venerdì, lo sciopero. Ma l'accumulo così a lungo delle carte e dei materiali infiammabili, di questi tempi, è molto attraente: sia per gli stupidi che, anche, per nuovi mascalzoni.
Occorrerà pensare anche a questo per difendere il più possibile l'ambiente del centro storico, o della città: che sono la stessa cosa.



                  
Collaborazione essenziale di Zeynep Mesutoglu.

                                









Foto d'epoca di Toni Garbasso

mercoledì 19 novembre 2014

Como è Trieste Venezia (Lelio Luttazzi?)

Perchè confessare la propria tristezza. Penso che la tristezza, al di là di quella individuale, personale, intima, che ha veri motivi piccoli o enormi che siano; la tristezza, dicevo, può essere inconsapevole, uno stato quasi naturale dell'essere. Come il suo opposto: la soddisfazione. Ma la soddisfazione è mediocre, di segno materiale: quindi chi ce l'ha se la tenga.
Ma quando la tristezza è estesa, diffusa, leggibile, lo è anche nelle persone e nei luoghi. Anche una città (la città) può essere triste: nel suo insieme. Grande o piccola che sia. Persino Roma, la sguaiata, può esserlo. Specialmente di questi tempi. E Siena. Ma non ci intristiamo.
Anzi, intristiamoci semmai con cattiveria, guardando insieme tre cose tristi per la loro presunta qualità, o per la finta allegrezza, che è la stessa cosa.
Prendiamo quindi tre foto di architetture da due stimate riviste arrivate da poco sul tavolo: Casabella e L'industria delle costruzioni.

La più ipocrita: formalismo cimiteriale.
Paolo Zermani, cimitero di Sansepolcro, ampliamento

La più sciancata: una scala inutilmente complicata.
Giovanni Maciocco, Santa Chiara ad Alghero, recupero

La più sguaiata: un Biomuseo, gigantesco accrocco e costoso giocattolo.
Frank Ghery, Biomuseo della natura, Panama

lunedì 10 novembre 2014

Il luogo dell'Arte



Quando la Pinacoteca al Santa Maria della Scala?

La Madonna di Misericordia di Andrea di Bartolo è da sempre nella sala Marcacci dello Spedale.
Avevo sei anni quando la vidi.








venerdì 7 novembre 2014

Momeria e rovine

Cliccare al centro

Per la prima volta in questo blog appare un documentario, quello girato da l'allora venticinquenne Tommaso de Sando, girato nel 2011, in due luoghi (Salvitelle e Romagnano al Monte), che nel 1980 furono colpiti dal tremendo "terremoto dell'Irpinia" che aveva generato distruzione e cancellazione di luoghi e vite umane.
A chiusura dei volti e delle voci di questo documentario è riportata l'ultima pagina di "Rovine e memoria" di Augusto Mazzini, pubblicato su Spazio & Società, la magnifica rivista creata e diretta da Giancarlo De Carlo.
Tutto questo ci ricollega in modo positivo, cioé quello del fare, alle odierne vicende di una metereologia distruttiva e una insipienza preventiva. E' anche un omaggio a quelli che oggi si sono dati e si danno da fare per alleviare almeno le sofferenze e le difficoltà.

dal testo di Augusto Mazzini

lunedì 3 novembre 2014

La città chiusa

Foto di Federico Pacini

Fino a oggi, 3 novembre, la stagione è per ora meglio di quanto avrebbe dovuto esserlo per contratto metereologico. Ma si riaffacciano già nuvole nere sul cielo di questo annichilita città.
Ieri sera è apparsa su Report una corposa anticipazione della "indagine" che di nuovo avrà come obbiettivo le vicende della banca senese (?), e anche personali tragedie.
Milena Gabanelli, la perentoria autrice televisiva, ha con sicurezza usato addirittura la parola omicidio per la morte di David Rossi. Di cui, con un colpo di buon gusto, si è fatta vedere, credo per la prima volta, l'immagine dall'alto del corpo annichilito sulle pietre del vicolo sottostante la sua finestra.
Bel reportage! Quale il costo dell'immagine?
Tra i volti che si sono affacciati sullo schermo, due mi sono sembrati particolarmente significativi. Quello della moglie tristemente accusatorio, e quello di Pier Luigi Piccini con la barba sempre più lunga e grigia come la sua vicenda politica.
A Siena non mancava che questo per sprofondare ancora di più nel suo stato, più o meno consapevole, di attonita attesa di tutto e di niente.
Negozi che se aprono, è per chiudere poco dopo. Turismo per ora affollato ma in generale estraneo alla città: più svagato che attento.
Popolazione indecifrabile, silenziosa o rumorosamente al cellulare.
In certe ore quasi soltanto anziani con bastone e anziane con badante.
Studenti di varie origini e incerta destinazione. Negozi "supplenti" che vendono di tutto e di niente.
Qualche festa generosa ma inutile che non riappiccica nulla. E così via.
La città è spesso tangibilmente triste, specie quando sfoga la sua voglia di esserci.
Ma basta con queste vuote e ambiziose parole.
Ci sono intelligenze in Siena, senesi e non, che devono collegarsi tra loro; che cerchino cosa li può unire; che parlino a voce alta.
I mugugni hanno la stessa matrice del vomito.

lunedì 20 ottobre 2014

Alvar Aalto, una presenza viva


1. Il 14 novembre 1965 si aprì a Firenze, a Palazzo Strozzi, la mostra di Alvar Aalto.
Il 16 novembre l'Assessore all'Urbanistica del Comune di Siena scrisse al maestro.
L'Assessore ero io, dall'aprile dello stesso anno. Avevo 26 anni.
Leonardo Mosso, curatore della mostra e già collaboratore di Aalto, fu di grande aiuto.


2. Rivedendo ora la lettera che inviai a nome del Sindaco mi accorgo, anche dalla calligrafia, di quanto tempo è passato. Ringrazio il giovane laureando Szimon Rushevsky di averla fotografata nell'archivio di Aalto.
Nello splendido libro "Drawn on sand" avevo, nelle note, trovato memoria e collocazione della mia lettera.


3. Perché la lettera? Perché così sollecita, perché la fretta?
La figura di Aalto coincideva perfettamente con l'intenzione di dotare Siena di un Centro Culturale grande e aperto. Dalla musica a... 
La città aveva bisogno di una struttura, di un luogo, che rafforzasse - insieme - la vita culturale e l'equilibrio urbano: cioè tra le parti della città.
La città infatti si era espansa e la Fortezza  era ormai al centro della compagine urbana: ma vuota e assente.
Era presente come le architetture civili di Aalto avessero dato consistenza urbana alle piccole città finlandesi.
La fretta, invece, era data dalla situazione politica con la crisi delle maggioranze di sinistra che amministravano tante città, compresa Siena.


4. A gennaio 1966 Alvar Aalto e la moglie Elissa erano a Siena. Intanto avevamo preparato due plastici, di cui il più grande in scala 1:4000, che rappresentava tutto il territorio più legato alla città; rendendone bene la nuova configurazione fisica.


5. Aalto seppe subito dare la suggestione del rapporto tra la Fortezza e il centro storico, semplicmente disponendo con sapienza la mano sul plastico.

6. Era nevicato, ma andammo a piedi verso la Fortezza ancora innevata. Mentre la Piazza del Campo - come si vede - era stata sgomberata della neve.


7. Aalto, sul luogo, fu immediatamente interessato dalla intervisibilità tra le emergenze del centro storico e l'affaccio della Fortezza. E questo si leggerà poi nel progetto, come vedremo.
Era presente anche il Sindaco Fabbrini (il primo a sinistra) che aveva sùbito condiviso l'idea del progetto.
Giovane anche lui: 39 anni.


8. Ci volle un po' di tempo per spedire i plastici in Finlandia. Quando questi, trasportati a Pisa con una autoambulanza, furono caricati sull'aereo, ebbi una sgradevole impressione: come di un malato grave.
La situazione politica a Siena non era infatti la migliore. Il Comune si reggeva con l'appoggio esterno dei Socialisti che, a livello nazionale, andavano ormai formando il Governo con la Democrazia Cristiana.
Il cosiddetto Centrosinistra.


9. Aalto comunque aveva già fatto intuire, con una schizzo, il nucleo generatore del suo progetto.
Questo sarebbe il compito degli schizzi. Quando, all'inizio di giugno, ritornò con le tavole del progetto di massima gli animi sembrarono rasserenarsi. Il progetto ricevette ufficialmente solo consensi. 


10. I disegni erano tutti a lapis nero con, a matita arancione, i muri della Fortezza. La sezione sulla città faceva capire il legame tra il nuovo e l'esistente: il coerente filo a distanza, ma ininterrotto, tra le emergenze del centro storico e la nuova architettura.


11. Dalla sezione sull'Auditorium e dal ventaglio della pianta, si potevano leggere due elementi fondamentali. 
  • La continuità possibile tra spazio interno e spazio esterno (con gli oltre 2000 posti).
  • E la aaltiana forma a ventaglio asimmetrico capace di far percepire sempre la sensazione di una sala affollata.


12. E poi, oltre la forma, i materiali a confronto: il rosso dei mattoni della muraglia Medicea e il bianco del nuovo volume che però, sotto la luce, avrebbe potuto, con i suoi spigoli, richiamare un discreto bianco e nero.


13. Il piccolo plastico di studio realizzato sulla base fornita dal Comune (scala 1:500), pubblicato più tardi, rendeva conto degli armonici contrasti. Ma soprattutto accennava la diretta percezione che dal foyer si sarebbe avuta del centro storico ("taglierei due alberi" aveva detto Aalto nel suo sopralluogo).

14. Gli incontri con gli architetti e gli ingegneri (allora eravamo pochi) avevano confermato la condivisione del progetto. Lo sottolineava la bandiera bianco-nera-arancione della Lupa in regalo.

15. L'incontro nello studio del Sindaco con Enzo Carli, finissimo Sprintendente, rassicurò anch'esso. Ma il conformismo e l'impreparazione già penetravano parte dell'opinione cosiddetta pubblica.


16. Le cose infatti precipitarono. La Giunta fu messa in minoranza. Ma sembrava ancora possibile salvare il progetto ("al di sopra della marea!" aveva detto a gran voce un dirigente socialista).
Il progetto infatti avrebbe potuto essere pagato con la quota di utili che la Deputazione del Monte dei Paschi erogava al Comune. Ma fu un NO. Vorrei precisare che non fu la Banca come tale a dire di no, ma furono i suoi esponenti pubblici. Il motivo fu tutto politico? Io penso di no. Penso che si avesse anche timore di creare un'occasione per un rinnovamento di competenze, di cultura e di generazioni.
Fu quindi Roberto Barzanti, mio coetaneo, che si assunze il doloroso compito di comunicare ad Alvar Aalto, che era a Venezia, la caduta del progetto. Anche Barzanti era inciampato per l'emozione.


17. Alvar Aalto amava la Toscana, specie le parti più significativamente marginali. Un antico edificio medioevale nella campagna senese era aaltiano da centinaia di anni.
PS. Questo testo è stato da me letto (male) in occasione dell'incontro su Alvar Aalto tenuto presso l'auditorium del Monte dei Paschi a cura dell'Ordine degli Architetti, con la lezione del relatore Francesco Dal Co e l'intervento di Pier Luigi Sacco.

giovedì 31 luglio 2014

Basta!


Evidentemente che la storia insegni è una retorica bugia.
Se neanche la propria non ha insegnato niente al governo israeliano.

martedì 24 giugno 2014

Non dire gatto se...



Sarebbero molte altre le cose da dire e discutere se ce ne fosse stata davvero la possibilità. Senza per questo dichiararmi estraneo (semmai disinteressato), preferisco limitarmi a quanto apparso ieri (23 giugno) su la Repubblica, nel servizio curato da Laura Montanari :"Innovazione, un'arma infallibile" così si intitola la pagina (II Firenze / Repubblica delle idee) in cui si intervista Riccardo Luna, curatore del format RNext portato dal giornale nelle sei città italiane candidate a Capitale della Cultura 2019.
Alla domanda "Come si arriva a Siena", la risposta, in sintesi, è che "le sei città... sono città in movimento".
Vi risulta che Siena sia in movimento, dico io? Dipende da cosa significa muoversi. Un movimento c'è stato e c'è: il massiccio spostamento di significative attività urbane nelle nuove periferie commerciali.
Ritornando a casa dopo la brutta partita dell'Italia, ho attraversato in macchina tutto il Viale Toselli: illuminati, anche bene, i nuovi insediamenti con le insegne accese, i loro colori, le indicazioni delle attività ospitate etc...
L'impressione è stata - e me ne scuso - di essere già in città. Entrato dalla Porta Ovile ho percorso la lunga strettoia fatta di macchine in sosta su ambo i lati, anche a ridosso della magnifica Fonte Nuova. Ho pensato allora che la città fosse nella non città, e viceversa. Capisco che è solo un'impressione, ma a volte non si sbaglia completamente.
Continua Riccardo Luna: "A Siena abbiamo trovato un tessuto molto ricco: pregetti di robotica, droni, protesi in 3D". E più oltre: "Presenteremo le più presenti Start App italiane (anche di Siena?) legate al mondo fin-tech, piccole imprese che provano a ridisegnare un nuovo assetto legato al denaro e al prestito...". Alla domanda, chi è in testa? la risposta è: "Al momento Lecce, segue Matera, ma al terzo posto e in crescita c'è Siena e la classifica può cambiare".
Chi sarà presente al matinée dalle 9 in avanti, perchè poi si va a vedere l'Italia ai mondiali? Spero che sia presente anche l'Assessore Stefano Maggi a riportare crudamente una sua impressione sulla città: "Facciate indegne se vogliamo essere Capitale della Cultura". Grande rispetto e stima comunque per gli eventuali veri talenti e un saluto augurale al docente che "guida il pool che ha elaborato il pacchetto di progetti per vincere la sfida".


mercoledì 28 maggio 2014

Tra amici


Sulla pagina 15 della cronaca nazionale de la Repubblica di ieri, 27 maggio, si incontrava il riquadro pubblicitario sopra riprodotto a dimensione quasi naturale.
Pubblicitario? E' difficile definirlo così: anzi difficile definirlo del tutto.
Intanto, nonostante la dimensione, si poteva non notarlo: a me è successo così.
Forse è il tono dimesso, la grafica vecchio stampo volutamente poco disegnata, il testo spezzettato e perciò tutt'altro che folgorante; e poi l'impasto dai colori spenti della vista crepuscolare del Palazzo Comunale.
Già! Che c'entra questo Palazzo Comunale chiamato a fare da sfondo totalizzante? Sembra più una chiamata di correo, che una esibizione di qualità urbana che dalla storia sembra proiettarsi nel presente e nel futuro. E' scritto piccolo, proprio in fondo, ma il significato vuole essere proprio quello: LA BANCA RICOMINCIA DA QUI.
Il testo a più grandi caratteri tipografici, invece, mette in imbarazzo. L'incipit è di pomposa e storicamente discutibile premessa: NON SI CRESCE PER 542 ANNI... ... Il seguito, cioè la conclusione, si stempera infatti in un linguaggio parlato, quasi familiare: come una confidenza tra due amici che non si vedono da tempo e uno, forse quello un po' malmesso, sembra dire: "HO SUPERATO UN PERIODO UN PO' COMPLICATO"  . . . .

venerdì 16 maggio 2014

Morti vivi



Non so se altri giornali italiani abbiano pubblicato qualcosa di simile, ma la Repubblica di ieri (15 maggio 2014) su due pagine, la 2 e la 3 con anticipazione in prima, ha avuto l'intelligenza e il coraggio di far entrare nella carne e nella mente di chi leggeva lo strazio e il senso profondo delle cosiddette "tragedie del mare".
Non mi riesce ad aggiungere niente a quanto le immagini ci hanno rivelato, immagini che metto abusivamente in testa a queste poche righe. Il racconto (non è un articolo) di Attilio Bolzoni è poi tremendamente vero e completo, anche nel riconoscere i limiti entro i quali si è in genere parlato di queste tragedie dei morti vivi, così come le foto subacquee questa volta invece ci mostrano.
"Ma li avete visti, li avete visti davvero questi morti?" chiede (e si chiede) Bolzoni.
Non aggiungo niente, non ne sarei capace. Ma mentre piango e ripenso a quello che ho visto, letto e capito stanotte, posso dire solo una cosa. Anche coi limiti con cui nella società italiana (gli uomini, le donne, i giovani...) questa e queste vicende vengono percepite, spesso anche nel modo più egoisticamente infame, mi sento di poter dire che l'Italia è comunque un grande paese. E chi in modo e luoghi diversi (Lampedusa...) lavora e soccorre queste migliaia di fuggitivi, onora noi tutti che assistiamo allibiti o indifferenti.
Così l'Italia non ha uguali al mondo: siamone una volta tanto orgogliosi.
E l'Europa?

mercoledì 7 maggio 2014

Vitti'na Crozza



Che Maurizio Crozza sia uno straordinario talento, ora che la televisione ne ha moltiplicato presso il pubblico la conoscenza e l'apprezzamento, non c'è alcun dubbio. Anche con il prezsioso contributo, credo, di co-autori dei testi, è riuscito a moltiplicare i temi, le figure (spesso figuracce), i diversi modi di rappresentarsi, eccetera.
Può anche permettersi di strafare e di ridere mentre fa ridere gli altri. Ha trasformato, con viva soddisfazzione, anche illustri persone in simpatiche e taglienti caricature. E canta benissimo, dotato come è di una splendida voce "baritonale", che però sa piegare ai più esilaranti e ridicoli sproloqui sgrammaticati e caricaturali.
Un esempio per tutti: Razzi, Senatore della Repubblica, che passa da strafalcioni esilaranti ai più torbidi primi piani da intrallazzatore.
Ora saremmo in campagna elettorale, sembra di capire, e anche Crozza non può esimersi dal piegarvi il suo talento. A "Ballarò" apre addirittura lo spettacolo di ormai insostenibili battibecchi, tra persone spesso anche serie. Ma c'è la par condicio che ormai sembra un condito, in cui tutto si rimescola e l'uno vale l'altro.
Sarò forse fazioso, anzi lo sono; ma riducendo le figure simbolo a tre (seguendo i sondaggi elettorali), ecco Berlusconi, Renzi e persino Grillo: ma quest'ultimo forsennato urlatore, quasi sempre volgare, ha un pregio, o un privilegio, è di Genova come Crozza.
Allora la mano di Crozza si fa più levigata, rimanendo lontana da una meritata e caustica rappresentazione del forsennato e irresponsabile comico: anche ricco per giunta. C'era il problema Renzi. Che fare? Ripetere la spiritosa caricatura pinocchiesca già esibita nella sua trasmissione? No, bisogna passare al piano duro della politica.
E allora Crozza entra in campagna elettorale e snocciola tutte le possibili critiche, anche le meno affidabili, contro un Pinocchio tornato politico in carne ed ossa. Una cosa che si nota palpabilmente è che il pubblico, che in genere ormai stravede per Crozza, in queste occasioni elettoralistiche, ride meno.
E si avverte palpabilmente . No, caro Crozza, così non sei più te stesso. Sei caduto nella trappola della par condicio, e anche della genovesità: ma tra un condannato destinato ai servizi televisivi, un comico becero e volgare (ha dato del frocetto a Keynes, morto nel 1946, ancora uno dei punti di riferimento per l'economia contemporanea), e lo svelto fiorentino, c'è ancora una bella differenza. E lo sai!

(repetita iuvant)

lunedì 5 maggio 2014

Auguri



Dopo aver letto, proprio oggi, l'eccessiva e persino controproducente indignazione di Pier Luigi Sacco per la lettera di una diciassettenne, pubblicata sul Sole 24Ore, che lamentava lo stato del Palazzo Pubblico di Siena e del Museo Civico, non mi vergogno di scrivere probabilmente alcune stupidaggini.
Finora, infatti, per età e rispetto del lavoro altrui, non ho mai messo né bocca né idee sulla operazione promozionale della città affinché essa venga eletta Capitale Europea della Cultura: già tra le sei candidate prescelte e quindi con concrete probabilità di successo. Non dirò quindi niente di mio su come è stata impostata e si svolge la campagna elettorale per vincere l'ambita qualifica.
Mi limiterò, senzaltro semplicisticamente, a citare pescando a caso tra le numerose definizioni specialistiche, enunciazioni metodologiche, proposte anche volutamente eccentriche prodotte nel frattempo, anche da persone autocraticamente scelte per indirizzare e dirigere l'operazione. Sperando di poter leggere, non so come e quando, il definitivo dossier di candidatura che il 21 luglio verrà consegnato presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, mi limito quindi a poche espressioni che ho avuto invece modo di leggere.
In un depliant diffuso ampiamente si può infatti leggere, ad esempio:
"Queste le tre tematiche che articolano il contenuto del programma:
Cultura, salute e felicità: stress e depressione si stanno diffondendo nella popolazione. Attraverso una strategia della prevenzione, progetti e iniziative culturali possono alleviare questi disagi e migliorare il benessere psico-fisico dei cittadini.
Cultura e (in)giustizia sociale: ridurre le barriere d'accesso per persone con difficoltà motorie e/o sensoriali, agevolare l'integrazione culturale delle minoranze etniche e combattere la disoccupazione giovanile. Le parole chiave sono accessibilità e inclusione sociale.
Cultura e turismo intelligente: individuare nuove forme di turismo respondabile. Non solo visite superficiali e frettolose ai "luoghi simbolo" ma scambio di esperienze e creazione di relazioni tra individui e comunità culturalmente differenti".
All'interno delle tre tematiche dieci progetti. Ne cito uno solo:
CULTURAL EMERGENCY ROOM. La cultura che fa star bene: un vero e proprio "pronto soccorso" nella Cappella del Manto dove equipes di medici, di artisti e di operatori culturali prescriveranno "ricette culturali" ai cittadini e ai visitatori. Esistono infatti studi scientifici che certificano come la partecipazione alle attività culturali produca effetti terapeutici positivi per molte patologie. L'obiettivo è quello di creare strumenti in grado di aiutare la comunità ad affrontare i disagi tipici di questi anni di crisi sociali. Etc...

Tra gli stretti collaboratori di Sacco, arbiter assoluto, il linguaggio e le parole non cambiano: semmai in peggio, come spesso accade agli epigoni. Su La Nazione di ieri, 4 maggio, ad esempio Carolin Augerbauer così si esprimeva: "Infective roads vuole parlare delle strade che connettono Siena con la provincia e con l'Europa: la connettono anche grazie alle competenze e alle idee delle persone che hanno sempre viaggiato, che lungo queste strade sono arrivate e ripartite. Anche se non è questa l'unica chiave di lettura, nasce intorno alla Francigena giacché tutti i progetti del dossier dovranno essere profondamente legati alla storia di Siena e alla sua narrazione e non riproducibili ovunque". Etc.

In realtà Pier Luigi Sacco l'ho conosciuto: dovevamo lavorae insieme, entro un gruppo ristretto formato dal Ministero degli Esteri, al fine di studiare, sul posto, per poi suggerire "percorsi per lo sviluppo" di fondamentali aree della Tunisia.
Sacco fece un bell'intervento a Roma prima della partenza. Partì invece con noi un suo bravissimo e simpatico assistente. Al ritorno ci ritrovammo, sempre a Roma, e Sacco contribuì da par suo a redigere una proposta di progetto.
Mi dispiace mostrarmi così superficiale. Mi scuserò con un disegno fatto sul posto a Tabarka, città del jazz in cui parlavano molto bene del Siena Jazz, considerandolo il miglior archivio esistente.

2009

martedì 15 aprile 2014

Benetton veste il Corriere



L'elenco è lungo ma oggi, 15 aprile 2014, il Corriere dell sera spalanca le sue pagine, se non il cuore, ad una pubblicità a valanga.
Ecco la valanga pagina per pagina:

pag. 1 Shop at Benetton.com. Due simboli Benetton sotto la testata ai due lati. In basso modella UNITED COLORS OF 
           BENETTON.
pagg. 2-3 Stessa modella in posa diversa, però in basso su doppia pagina. Apre il nuovo Concept Store
                 Benetton in Piazza del Duomo a Milano.
pag. 4 Due modelle a tutta pagina
pag. 5 Modello maschile con stitica maglietta
pag. 6 Modello abbigliato.
pag. 7 A tutta pagina modella con borsa
pag. 8 Modella a tutta pagina, elegantina con borsa.
pag. 9 Modello casual
pag. 10 Finalmente una bambina: Ci siamo anche noi.
pag. 12 In primo piano modella con smorfia di evidente complicità.
pag. 16 Modella e modello con maglietta e pantaloni striminsiti.
pagg. 18-19 A tutta pagina cinque giovani di cui due (ragazze) saltano scherzosamente.
pag. 21 Modella anche con occhiali da sole (Benetton?).
pag. 23 Modella con giacchettino jeans.
pag. 24 Due modelle a tutta pagina di cui una con giacchetta lunga e pantaloncini cortissimi.
pag. 26 Due modelle a tutta pagina.
pag. 27 Modella con collana Benetton Bijoux
pag. 29 Modello infilato in basso con magliettina.
pag. 31 Modella Benetton Bijoux
              Rieccoci a pag. 39 Modella a tutta altezza con giacca più lunga della gonnellina
pag. 45 Modello sdraiato con pantaloncini rosa
pagg. 46-47 Due modelle sdraiate simmetriche in basso nelle due pagine
pag. 48 Ultima pagina a tutta pagina! La ragazza felice annuncia nobis: apre il nuovo Concept Store in
            Piazza del Duomo a Milano

Quanto avrà pagato Benetton al Corriere della Sera per questa ossessiva pubblicità a tappeto?
Senz'altro, fatte le debite proporzioni, molto più di quanto Benetton paghi, in Bangladesh, per i disgraziati e soprattutte le disgraziate che, in condizioni disumane nei capannoni malmessi, lavorano dalle 8 della mattina alle 8 della sera. Ragazzine dagli 8 ai 18 anni!
Per padroni schiavisti che tengono fuori in modo drastico e impunito i sindacati.
Tutto questo si è potuto vedere recentemente in TV grazie a un documentario girato, a loro rischio e pericolo, da due giovani giornaliste. Si erano vestite eleganti come fossero compratrici: così i padroni hanno parlato chiaro, da dittatori senza scrupoli e senza vergogna, non nascondendo tutto ciò che oltretutto si vedeva.
Le due giornaliste, quando sono uscite, si sono ritrovate in mezzo a lavoratori che, da fuori, protestavano e che le hanno scambiate per due "sfruttatrici". Così le hanno assalite e una è stata ferita. Nei giornali italiani non ho letto niente di tutto ciò. Figuriamoci nel Corriere della Sera, ora vestito Benetton!
Alle due giornaliste la nostra ammirata simpatia.


giovedì 6 marzo 2014

Cul - turismo




Quello che ha detto sull'uso improprio del Santa Maria della Scala Pier Luigi Piccini, già Sindaco di questa città, mi trova completamente d'accordo. Il Corriere di Siena ha ospitato la sua intervista con tempismo e gran maestria.
Ci sarebbe poco da aggiungere: facciamolo perciò con un tono più leggero.
Usando un'immagine che senz'altro qualcuno avrà già adoperato, si può dire che prendere confidenza con i musei e con gli spazi di rilievo storico-artistico può essere, specie per i giovani, una vera palestra della mente. Non era stato mai detto, e fatto finora, che quegli spazi potessero essere una palestra e basta!
Invece Siena ha voluto provarci per iniziativa del suo Assessore al Turismo. Quale luogo poteva prestarsi meglio del Santa Maria della Scala, con le sue grandi sale evidentemente considerate come dei vuoti di sufficiente ampiezza, buoni anche per normali esercitazioni ginniche?
Respirando a pieni polmoni la qualità, il significato profondo di quegli spazi, la stessa preoccupante presenza inquietante di opere d'arte di grande significato e valore - la cultura insomma - sarebbe entrata per le nari anche senza volerlo o pensarci.
Inspirare / Espirare! dicevano anche i professori di ginnastica. E' così che il Santa Maria della Scala può essere in realtà considerato da molti, in questa sfortunata città, un contenitore. E il vero problema è perciò solo riempirlo. Purtroppo, dispiace dirlo, è stato riempito nei giorni scorsi - almeno da quello che si è visto - non da abili ginnasti ed eleganti ginnaste; ma da persone comuni che avranno pure il loro diritto di zompettare ispirandosi, ciascuno a suo modo.
Non è così che si può arricchire il richiamo di quei luoghi che, a troppi inconsapevoli, sembrano solo dei vuoti da riempire comunque. Del resto nel Santa Maria della Scala ha già sede l'Ufficio Turistico del Comune di Siena.

Santa Maria della Scala, Mostra per Pio II, 2006, allestimento di Paolo Mazzini


mercoledì 26 febbraio 2014

La ragazza con-turbante


Ieri, 25 febbraio, per vedere la Ragazza con l'orecchino di perla è stato staccato a Bologna in Palazzo Fava (absit iniuria verbis) il cinquantamillesimo biglietto: e l'esposizione durerà fino al 25 maggio, di quest'anno ovviamente.
La pittura di Jan Vermeer (1665 circa) proviene, dopo altre soste, dal MAURITSHUIS di Den Haag (L'Aia) e più precisamente dalla Galleria Reale della Pittura. E' proprio lì che, come moltissimi altri, io l'ho vista senza fare code e per tutto il tempo che volevo.
Per fortuna ho ritrovato la cartolina che comprai, di grande formato, in cui il volto della cara ragazza appariva solcato da mille rughe che rompevano la superficie pittorica del bel viso. Ora, dalle immagini diffuse, appare ringiovanita, evidentemente dopo un intelligente restauro che non ne cancella però completamente lo stato preesistente. Ma certo alle persone che per trenta secondi potranno ammirarla risulterà perfetta.
Il vero titolo dell'opera sarebbe La ragazza con turbante: basta mettere un trattino nell'aggettivo e diventa subito con-turbante. Che richiama immediatamente le turbe (il numero) dei visitatori e i loro turbamenti.
Senza citare la Sindrome di Stendhal, sembra proprio che molte persone non solo abbiano scoperto quest'opera, che è un risultato positivo, ma ne subiscano una scossa emotiva. Ci si può porre qualche domanda. Questo modo di mostrare a lungo una singola opera avvicina la gente all'arte (magari per la prima volta)? E' anche un fatto mediatico? Basta vedere dal vero, per trenta secondi, un'opera già vista e pubblicata su televisione e giornali? Eccetera.
C'è un pittore che si chiama Matteo Appignani, che sta e insegna a Firenze, che ha più di una volta, negli anni, riprodotto con i suoi gessi e a grande dimensione, la Ragazza sulle lastre di pietra della pavimentazione stradale: questo a Siena, quasi davanti alla piazza del Monte dei Paschi.
Non esagero se dico che la pastosità dei colori e la irregolare superficie di supporto restituivano l'appeal pittorico della vera ragazza con-turbante.