lunedì 27 gennaio 2014

Il 27 Gennaio

Ci sono fatti storicamente di grande rilievo significativo, tragici e non solo, che non sono riassumibili in un giorno specifico di ufficiale mermoria o ricordo.
Il tempo che trascorre spesso ne scolora non tanto la memoria in sé, quanto la traccia significativa nella soggettiva coscienza.
C'è poi una progressiva totale inconsapevolezza del loro significato per chi non ha, per età, un ricordo vissuto di quei fatti. Eccetera.
Forse la Giornata della Memoria, per la tragedia degli ebrei e di tutte le vittime del nazifascismo razzista (e l'Argentina di Videla e dei militari assassini, 1976-81), ha ancora un grande significato: anche per la presenza di una estesa volontà civile e per l'attenzione che anche la stampa e i media hanno, in diversi modi, diffuso.
Ma quest'anno, il 27 gennaio, Giorno di quella Memoria, è stato segnato da un atto di particolare, puntuale, odiosa provocazione: l'invio a tre luoghi simbolici di Roma (Sinagoga, Museo della Memoria, Ambasciata di Istraele) ti teste di maiale mozzate. 
Forse si tratta solo di un gesto orribilmente stupido e volgare: ma organizzato.
Si indaghi accuratamente: perchè l'assonanza (le teste di porco) con pratiche minacciose di appartenenza ben nota è, come si dice, perlomeno inquietante: forse pericolosa, come se fosse un sintomo, per ora oscuro, di qualcosa che può attecchire.

lunedì 20 gennaio 2014

Senza titolo

Claudio Abbado nel saggio di direzione d'Orchestra del 1957
E' morto stamani.
Claudio Abbado ha resistito a lungo alla sua malattia. Che non fosse presente all'incontro dei nuovi Senatori a vita con il Presidente della Repubblica era stato un chiaro presagio.
Ora, quando il dispiacere proviene dalle corde più profonde, che si tendono da sole, non c'è che un grande dolore. Piangi e basta, semmai: perché provi una violenta commozione che mette insieme tutti i motivi che pur avevi in te per reagire così.
L'avevo incontrato solo a Ferrara: per il Flauto Magico e per il concerto con Martha Argerich: con la sua orchestra di giovani, la Mozart, che si è chiusa da poco. E questo è stato l'allarme più grande perché indicava, in Abbado, non solo uno dei più grandi direttori del mondo, ma anche un costruttore di cultura e di talenti. Un'intelligenza e una capacità di tenere insieme di cui, invece, c'è sempre più bisogno.
La sua stessa asciutta fisionomia ne faceva leggere il carattere, la tensione etica e intellettuale, la estesa sensibilità: la sua nobiltà che si rifletteva anche sul nostro paese.
Ma lasciamo che altri parlino di Lui con maggiore conoscenza e competenza. Mi limito a mostrare, con le immagini che accompagnano queste righe impacciate, un Claudio Abbado giovanissimo allievo  a Siena dell'Accademia Chigiana.
Penso che da queste immagini si percepirà la differenza tra la Chigiana di allora e quella di oggi.
Ci vorrebbe un coraggio, una durezza, una competenza, un amore, che io non intravedo, per riallacciare un filo così difficile.


giovedì 16 gennaio 2014

Non svicolare


Le Corbusier (all'epoca ancora Charles Edouard Jeanneret), 1907

E' trascorso molto tempo dall'ultimo post di questo blog. Così è ora difficile scegliere un argomento appropriato. Del resto la ripresa, come tutti gli italiani sanno, è un problema.
Si può fare una prima mossa partendo dalla Piazza del Campo, ma non in generale: prendendone invece alcuni aspetti in apparenza marginali. Anche nel senso che riguardano proprio i margini di questa piazza che, si può dire tranquillamente, è unica al mondo.
Cominciamo dunque dai suoi accessi: almeno quelli che stanno perdendo, o hanno già perso, la loro qualità e funzione di emozionante ingresso alla piazza. Anche i più modesti e apparentemente secondari. Ma proprio per questo capaci di provocare un vero e proprio stupore per il salto di dimensione e di percezione dello spazio che provocano.
Il più umile è il Vicolo dei Pollaioli. E' stretto ma ha il pregio-difetto di essere vicino ad un bar che si affaccia sulla piazza fin troppo con i suoi tavoli: pur essendo, il locale, di modeste dimensioni. Così il vicolo rimane strozzato per chi, avendo l'idea di usarlo, possa affacciarsi senza intoppi sulla piazza con uno spalancamento inatteso, specie se si passa dall'ombra a una luce totale.
Il più legato alla pedonalità urbana è il Vicolo dei Borsellai, che prosegue il percorso di Via Calzoleria infilandosi, al coperto, nella piazza. Due sono gli strappi alla sua qualità. 
Primo, le raccolte dei rifiuti poste proprio nel tratto finale verso la piazza. Davvero una bella accoglienza che coinvolge, con la presenza dei cassonetti, il vicolo in un generale degrado.
Secondo, nella lunga stagione dell'ampio squadernamento dei tavoli, la vista del suo sbocco sulla piazza, dove si leggerebbe immediatamente lo straordinario Palazzo Pubblico, è interferita dai tavoli che immiseriscono una vista completa.
Terzo, il Vicolo di San Pietro, in gran parte a gradoni, che dalla Croce del Travaglio, scende ripido nella piazza, accentuando la velocità verso l'attesa visione. Ma si incontrano tavoli terrazzati sulla destra e, in fondo, lungo gli ultimi scalini, la petulante esposizione del negozietto antistante (bandierine sporgenti e chincaglierie varie) che di fatto strozzano l'ingresso a chi scende e, più imbarazzante, la salita a chi vuole uscire dalla piazza.
Per ultimo, la Costarella dei Barbieri. Che non è un vicolo vero e proprio ma è, comunque, un accesso rigorosamente pedonale. E' poi, soprattutto, una discesa che, allargandosi, confluisce come un delta alla piazza, divenendone praticamente parte. Nella piazza si entra così "a ventaglio", potendo istintivamente affrontare la visione e l'ingresso in ogni direzione. La sua sommità, cioè il bordo con Via di Città, è il punto di osservazione e oggi di approccio fotocinegrafico più usato: dove ogni ripresa rischia di riprendere quelli che riprendono la scena ambientale. Niente di male. Il suo bordo di destra, a scendere, è accompagnato da un lungo e alto sedile in pietra. Nei giorni del Palio, quando palchi e transenne sono in funzione, è luogo di una privilegiata e sofferta partecipazione a ciò che sta avvenendo aldilà, nella piazza.
Purtroppo, specie sulla destra, nella stagione più turistica (esclusi perciò appena due o tre mesi) un piccolo bar (o ristorante) si proietta nella piazza con i tavoli, ad interrompere la fluidità del percorso e la piena visione dello spazio con lo sfondo del magnifico Palazzo Pubblico.

Il Comune ha stabilito per l'uso della Piazza del Campo spazi e distanze dello spazio pubblico. In quasi tutti i casi sarà meglio che, almeno una volta una settimana, vigili urbani addetti controllino l'effettivo rispetto delle regole e delle misure.
E' comunque mia personale opinione che le regole vigenti siano già troppo di manica larga, specie per i bar. Non tutti allo stesso modo, ovviamente.

Fernando Tàvora (Fernando Luìs Cardoso Meneses di Tavares e Tàvora),
penna e biro su carta, 1964
Autore anonimo, 1578 (?), appartenente alla Universitat Bibliothek di Salisburgo
(che ha messo online il suo patrimonio)