lunedì 28 marzo 2011

SIENA CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019 ?

Angelo reggi candelabro, Francesco di Giorgio
dalla mostra Pio II e le arti a Siena
 dettaglio di una foto di Bruno Bruchi

La dimensione europea e internazionale è quella cui guardare, sia perché è rivolgendosi al mondo che si può superare la profonda crisi italiana, sia perchè il parametro di ciò che si fa a Siena deve essere quello delle più avanzate città europee: primeggiare in Italia non può più ritenersi sufficiente. La sfida è globale, lo si dice sempre ma è ancora più vero ora che sono in crisi i fondamenti stessi della nostra essenza: l’arte, la cultura, il paesaggio, la storia. L’Italia, afflitta da ritardi, inefficienze, sprechi, immobilismi e miopie, è superata da molti altri paesi ormai anche nei flussi turistici: avere la Torre del Mangia non è più sufficiente.

Per questo dobbiamo studiare le migliori esperienze delle altre città europee e del mondo, non solo muovendosi da Siena ma anche calamitando in città e nel territorio conoscenze diverse come hanno sempre fatto le Università di Siena o il laboratorio dell’ILAUD per fare un esempio: lo stesso Bill Clinton prima di diventare Presidente degli Stati Uniti venne a studiare il nostro sistema economico. Infatti candidarsi ad un titolo europeo significa soprattutto confrontarsi con quel livello, quella ricerca, attivare scambi e relazioni con quel riferimento culturale, ma anche economico e sociale.

Avviati in questo percorso ci saremo già interrogati su cosa significa la cultura della città di Siena, anzi le culture che essa esprime. Questa parola declinata al plurale, infatti, contiene in sé tutti gli aspetti dell’identità stessa della città, e perciò del suo essere e del suo futuro: in un periodo di scarsità di risorse saranno proprio le caratteristiche quintessenziali di Siena a rappresentare le linee del suo sviluppo e del rilancio. Naturalmente aggiungendo cose nuove, adeguate ai tempi, senza stravolgere ciò che abbiamo.


Fa riflettere che l’aspetto più apprezzato di Siena da parte dei cittadini sia quello dell’ambiente e del paesaggio; “Ambiente e paesaggio” vuol dire “cultura urbana”, poichè il paesaggio intorno a Siena e quello urbano sono massimamente “costruiti”, nel senso che fin dai tempi del Buongoverno è la mano dell’uomo che determina le forme anche del paesaggio. Ora, forse, quella mano va ricondotta ad un consumo del territorio più adeguato alla dimensione fisica e demografica della città, e soprattutto al riuso dell’esistente – che è già molto e molto spesso da riqualificare – secondo le linee più avanzate delle strategie, anche immobiliari, che indicano nel 20% la parte massima di nuova edificazione nell’insieme della produzione edilizia.
Non si può negare che in alcune parti della città il paesaggio urbano sia da ricostruire: il forestiero che giunge a Siena, quali accessi incontra? Stazione, Stellino, Due Ponti, Colonna. Vanno proprio bene così come sono? Non è solo un problema di qualità e dimensione dell’edificato ma di circolazione, sosta, aree pubbliche ecc. Solo per fare un esempio. E la riqualificazione mobilita risorse, crea opportunità di lavoro e arricchisce il territorio senza consumarne di nuovo. Quindi fare della produzione di “cultura urbana” una attività produttiva esemplare, anche iniziando ad interrogarsi sulla dimensione amministrativa del Comune di Siena, che appare non più adeguata allo sviluppo di equilibrate strategie urbanistiche.

Nell’affrontare le attività culturali più propriamente dette, è necessario sottolineare come il tessuto culturale della città, pur con le difficoltà del momento, sia solido e ricco e non abbia nulla da invidiare ad altre capitali europee sul piano dell’offerta e della formazione: l’Accademia Chigiana e la fondazione SienaJazz in questo senso sono fiori all’occhiello conosciute oramai in tutto il mondo. Ma Siena è anche ricca di associazioni, grandi istituzioni, festivals, rassegne culturali, due università, che rappresentano più mondi intrecciati troppo spesso scollegati tra loro; occorre fare maggiormente sistema e prendere come obbligata occasione la diminuzione di risorse per evitare duplicazioni, sovrapposizioni (in questo senso l’attività della Provincia di Siena per condurre ad un cartellone unico estivo rappresenta un’esperienza positiva ed esemplare), in qualche caso sprechi, ma anche per raccogliere alcune attività che possono essere meglio coordinate e programmate per consentire alla città di inserirsi nell’offerta culturale europea e mondiale: al centro di questo non può non esserci il Santa Maria della Scala, una città della cultura in sé, da completare nella struttura e nel progetto culturale.

Infine, nell’ottica dell’internazionalizzazione della città, sarà necessario mettere in gioco le relazioni che Fondazione e Banca MPS hanno e stanno costruendo per sviluppare una capacità di attrazione indirizzata non solo nei confronti delle possibilità economiche ma anche dei saperi e delle conoscenze. Ovvero: tendere a far diventare la “Terra di Siena” un territorio che sappia attrarre risorse economiche, intellettuali, imprenditoriali con la progettualità – in tutti i campi – e con i valori propri della cultura urbana senese.

Paolo Mazzini

lunedì 21 marzo 2011

a V.W. Per chiunque l'abbia conosciuta.

Venetia West è stata due anni a Siena a lavorare con noi. Laureata in lettere si era iscritta poi ad architettura perché ne era attratta. Acuta, colta, dotata di humour geniale, non tanto inglese, quanto di una qualità che andava oltre il genere. Ritornata in Inghilterra, a Londra, non trovò - né forse cercò - lavoro né pace: con il talento che aveva. E' tornata a Siena solo per sfuggenti visite. Venti giorni fa è scomparsa dalla casa di Londra. E' riapparsa ieri nel Tamigi: sarà stupido ma è come se sulle sue iniziali si fossero stampate quelle di Virginia Woolf.
Augusto


                                                                                                                                                                                  disegno di Venetia

venerdì 18 marzo 2011

Il nuovo progetto dello Stadio di Siena

Sull' ospitale "Bianco Nero", rivista sportiva distribuita alle partite, ho scritto più volte dello stadio (Artemio Franchi - Monte dei Paschi Arena). Riproponiamo ora un pezzo scritto esattamente un anno fa sul perché è sbagliato spostare lo stadio, riproducendo il disegno che lo accompagnava. 


Vorrei ora spendere due parole per giustificare il mio modesto schizzo pubblicato sull’ultimo Bianco Nero. Si poteva leggervi, contro la silhouette di Siena, l’attuale stadio con qualcosa in più e di diverso; e, sotto, un’enfatica didascalia: “il nuovo stadio:il Rastrello!”. Quello schizzo in realtà pretendeva di suggerire un’idea più complessa.

Realizzare oggi un nuovo stadio è inutilmente costoso, non solo per la costruzione in sé. Dispiace dirlo perché il progetto vincitore del concorso è un bel progetto. Ma il costo va misurato in termini più ampi, Prima di tutto in rapporto con la città esistente, con una accessibilità tutta da pensare e costruire che, comunque, sarebbe complicata e persino fonte di pericoli; la quale escluderebbe radicalmente la più semplice e naturale mobilità: quella prevalentemente pedonale. Poi gli effetti, non difficili da prevedere, di carattere anche speculativo, in un ambito territoriale oltretutto poco adatto a nuovi insediamenti. Infine l’influenza ulteriormente disgregativa sull’organismo urbano, e così via. Troppi interrogativi che finora o non si sono posti o non hanno avuto risposte convincenti.

Invece il rinnovamento graduale, ma deciso, del Rastrello con interventi ben mirati, progettati e realizzati per parti (vedi la nuova tribuna dello stadio del Chelsea costruita a campionati in corso), renderebbe intanto lo stadio attuale ben calibrato dimensionalmente. Ma soprattutto con l’arricchimento intelligente di nuovi spazi, ulteriori funzioni e attività pedonalmente connesse col centro della città, l’area dello stadio diverrebbe un luogo vitale tutti i giorni. Così sarebbe comunque un’occasione, seria e trasparente, per investimenti e lavori da eseguire con razionale misura: che renderebbero il Rastrello, pur nella sua contenuta dimensione, uno degli stadi più attraenti d’Italia. E si rafforzerebbe, insieme, il ruolo del centro storico di Siena, oggi messo in discussione da troppe nuove edificazioni che tendono invece ad indebolirlo ulteriormente. Per l’auditorium non ci sarebbero problemi ubicativi, se si vuole fare davvero: c’è la Fortezza che aspetta da 44 anni. Per il Parco urbano idem: ci sono la Lizza ed i dintorni che aspettano solo di essere ridisegnati come si deve e si può.





Due foto con i lavori di realizzazione dello stadio (1931-1938)  tratte dalla pubblicazione edita dalla Contrada del Drago, Quanto sei bella Contrada nostra, Maggio 2010, a cura di Gianfranco Campanini, Siena.

lunedì 14 marzo 2011

Vers Gafsa



Sned Djbel est une ancienne colonie berbère située dans le sud de la Tunisie, avant que ne commence le désert. Les habitants de cette communauté sont aimables et accueillants. Comme produits locaux, on peut trouver de la fougasse et de l’huile, ainsi que des objets et des tapis fait suivant la tradition artisanale authentique, réalisés au sein des familles mêmes.
Le maire de cette communauté est une personne agréable, modeste et cultivée.
Après le renversement de Ben Ali, il faut espérer que rien ne change au sein de cette colonie, sinon en mieux.

venerdì 11 marzo 2011

Verso Gafsa

Sned Djbel è un antico insediamento berbero nel Sud della Tunisia, ma prima del deserto. La comunità gentile e accogliente: focacce e olio, e vendita di oggetti e tappetini di artigianato autentico, praticamente familiare. Il Sindaco di quella zona una bella persona, modesta e colta. Dopo il rovesciamento di Ben Alì sarà, per loro, cambiato qualcosa? Speriamo di no, se non in meglio.




foto d Guido Ferilli, disegno di Augusto
20 Aprile 2009

giovedì 3 marzo 2011

Vi siete accorti di questa frana?

foto della valle sotto San Domenico 3/3/11

un link ad una foto antecedente  

Anche a Siena l'abbattimento degli alberi è regolamentato da precise normative come indica il Regolamento Edilizio di seguito riportato:

6.3       La richiesta di  abbattimento di alberi non connessa ad attività agricolo-forestale è comunque assoggettata ad autorizzazione comunale.
6.4       La richiesta di  abbattimento di alberi connessa ad attività agricolo-forestale è assoggettata alle procedure previste dalla Legge n° 365 del 11/12/2000.

Può dunque capitare che per l'abbattimento di un albero il cittadino si trovi ad intraprendere la strada del cosiddetto "iter burocratico". Superato l'impatto con i procedimenti con cui ordinariamente in Italia si opera nell'edilizia  (normative a matrioska, modulistica, sigle, e rincorsa alle risposte) si dovrebbe riuscire a giungere alla solita saggia considerazione che nonostante l'eccesso di norme queste costituiscano un bene per la tutela di un patrimonio collettivo. Infatti un albero, anche se nasce e cresce in un giardino privato, incide necessariamente sullo spazio pubblico, perché può fare parte di un paesaggio comune. Sagoma della chioma, altezza, colore, tipo di foglie (che possono cadere al suolo e quindi richiedono manutenzione), l'ombra che un albero genera, il profumo, costituiscono un punto di riferimento nell'immagine del paesaggio urbano in cui ci muoviamo e viviamo, e di cui “il verde” forma parte mutevole con le stagioni. Quando poi forma parte di una memoria comune può costituire un patrimonio pubblico a tutti gli effetti. Per questo è necessaria una giusta tutela, e per questo il difficile confronto con la normativa viene accettato anche da chi, per sue ragioni, deve abbattere un albero in giardino.

Allo stesso cittadino può capitare di camminare per strada e trovarsi per un istante smarrito: che succede in Piazza Matteotti? Qualcosa è cambiato. Lo sguardo si muove indeciso a cercare un riferimento noto su cui fermarsi, non ci si ricorda bene cosa fosse, ma manca qualcosa. Il filare di alti pini è stato tagliato di netto alla base, e fisicamente si percepisce questa mancanza. Così è successo in Viale Mazzini, dove i Pini degli anni '30 del secolo scorso sono stati sostituiti, con motivata decisione, da nuove essenze. Così l'architettura dello spazio non costruito, ma comune, cambia improvvisamente, si supera l'impatto iniziale, e la città avanza con paesaggi che sedimentano in nuovi paesaggi.

Questo è quello che più o meno è successo anche nella valle sotto San Domenico (vedi foto), tra l'affaccio da San Prospero, la sponda del Rastrello con il Viale dei Mille che porta in città, e la costa sotto San Domenico, sotto i locali del prestigioso Istituto d'Arte Duccio di Buoninsegna. Tutte le alberature che in questa valle sono state lasciate per anni pressoché senza cura, si erano arricchite di un sottobosco folto, e di una bella e selvaggia massa di chiome uniforme e compatta. Improvvisamente, da circa un anno, tutto è stato rapato a zero, e si spera che ciò sia avvenuto per una motivazione biologica sensata (specie invasive, alberi malati). E' probabile anche che la decisione sia stata presa per evitare costi di manutenzione necessari per un corretto mantenimento. E' anche probabile che la legna ricavata abbia contribuito ad abbassare il costo dell'abbattimento. Tutte motivazioni in qualche modo comprensibili, ma, di fatto, la valle si è trovata glabra, esposta alla pioggia ed al dilavamento, privata delle chiome e della conseguente  protezione per il terreno.
A circa un anno di distanza il terreno è franato. Mi pare che a Siena se ne sia parlato poco nonostante che quella valle, con le mura sul fondo, gli orti, e le alberature, sia parte integrante della città, e costituisca da San Prospero, con i possenti volumi della chiesa di San Domenico, una delle immagini urbane più belle per chi approda in città dalla zona della fortezza medicea, cioé da Nord.
Il carattere urbano della città trova significato proprio in contrapposizione alla campagna che dalle valli risale fino alle mura, anche questo è dunque Patrimonio dell' Umanità. E frana.

Andrea Matteini

uno zoom sulla frana con le mura sullo sfondo 3/3/11