mercoledì 12 dicembre 2012

Non sense del 12.12.12

                                                                          C'era un vecchio rifatto di Milano
                                                                          Che scendeva in campo col violino in mano;
                                                                          Contava il suo "Din din din dirindino"
                                                                          Fingendo di suonare il violino,
                                                                          Quel vecchio rifatto di Milano.




                                                                                 disegno di Edward Lear

lunedì 3 dicembre 2012

L'urbanistica come arma

da La Repubblica

In base alla legislazione internazionale le colonie israeliane sono illegali.
Eppure, dopo il voto delle Nazioni Unite che ha riconosciuto - di fatto - lo Stato palestinese, il primo Ministro Israeliano Netanyahu ha immediatamente ordinato la costruzione di nuovi insediamenti nei territori occupati, cioè la Cisgiordania palestinese.
Chi ha visto questi "nuovi insediamenti" già realizzati, ha avuto modo di capire cosa sono e a cosa possono servire. Sono blocchi di abitazioni, costruiti rapidamente, ma hanno l'aspetto di centri fortificati: chiusi al loro interno ma con gli occhi puntati sul territorio circostante. Risultano minacciosi, come se da essi potessero uscire - e talvolta succede - violente incursioni nel territorio circostante, considerato come un'area di pertinenza. Ciò accade non solo nelle aree distanti dai centri palestinesi ma, addirittura, in vista ammonitrice da luoghi noti e cari a tutto il mondo: anche a chi non crede.
Sotto e di fronte a Betlemme, poco oltre Beit Sahour, che con Beit Jala compone l'esteso complesso urbano che ha al suo centro il luogo della Natività; proprio lì, di fronte, come un animale in agguato, sta uno di questi insediamenti. Ma questi nuovi nuclei - che ormai sono moltissimi nella parte israeliana - qui si distinguono per il ruolo che assumono nel controllo di un territorio più vasto in cui sono incistati volutamente.
Per raggiungerli e collegarli è stato inevitabile tracciare e costruire strade: ormai una fitta ragnatela che taglia continuamente il territorio palestinese. Queste strade sono recintate, dunque non attraversabili: se non con sottopassaggi lontani tra di loro e assolutamente obbligatori. Un contadino, non un "colono", che voglia curare il suo oliveto, lì di fronte, deve sottoporsi a estenuanti percorsi.
Se poi aggiungiamo gli alti muri in cemento e i posti di blocco si capisce come i movimenti dei palestinesi entro il loro territorio - per raggiungere anche loro importanti centri (Ramallah per esempio) - sono defatiganti, ma soprattutto umilianti: ogni volta a ricordare la loro condizione di cittadini in libertà vigilata, nella migliore delle ipotesi.
Dunque un vero e proprio sistema di appropriazione e controllo del suolo palestinese e, soprattutto, una rete di tagli e chiusure che forse hanno ormai già spezzato ogni possibile unitarietà fisica della Cisgiordania.
Dove non servono le bombe, ecco l'urbanistica usata come un'arma.
Visitando quesi luoghi, e vedendo quelle situazioni, anche chi, come me, ha alla base del suo rifiuto di ogni violenza oppressiva le sofferenze e le tragedie imposte agli ebrei, si sente spaesato e quasi colpevole.

A.M.
da L'Unità