giovedì 18 dicembre 2014

Pietà: l'è morta


 Tre parole sull'urbanistica. Ma tre davvero anche se - come si dice - il discorso sarebbe ampio e radicale.

- L'urbanistica come cultura, disciplina e pratica, è oggi morta, contrariamente a quanto potrebbero far pensare i quintali di carta su cui si enumerano regole, riferimenti, sigle, rimandi a, intricate parentele disciplinari, etc. Ogni Regione, poi, aggiunge del suo.
- Mentre abbondano le articolazioni grafiche e specialistiche (di specialità perlopiù di nuovo conio); e crescono le pagine che spiegano l'inspiegabile, il Disegno si è perso. Non c'è mai una sintesi tra le diverse competenze "assoldate".
- Il Disegno, nel senso di ideazione tentativa, visione estesa e complessiva dell'ambiente, e anche di analisi esemplificativa e preprogettuale, è disperso: se non inesistente.
- Chi amministra l'urbanistica (regioni e comuni: e lo Stato?) non studia, non elabora, non interviene attivamente. Tecnici, anche di buona scuola, sono completamente declassati a burocratiche funzioni; e i cosiddetti dirigenti sopravvivono tra frustrazione e arroganza.
Gli Amministratori, gli Assessori, perlopiù recitano la parte.

veduta per il Nuovo Piano Regolatore di Siena di Luigi Piccinato (1953?)
Giancarlo De Carlo, schema per il rapporto San Miniato-La Lizza (1973?)

lunedì 15 dicembre 2014

Uno sciopero fuori luogo


La boutique Marzucchi di Via Montanini ha circa trentanni. E non li dimostra: come succede spesso ad architetture, se di questo di tratta, prevalentemente di interni in vista che non sono nati con la voglia di essere completamente up to date. Specie quando si offrono ed espongono prodotti di qualità che si vorrebbe durassero nel tempo e nell'apprezzamento.
Dunque, anche lo spazio che esprime queste ambizioni avrebbe l'intenzione di durare ancora nel tempo e nell'apprezzamento. Se lo si legge con attenzione si trovano i caratteri principali: materiali e forma dello spazio non ossessivamente omogenei tra di loro secondo un disegno totalizzante. Travertino, arredi bianchi e, verniciata di bianco, anche una preesistente robusta longarina con, ancora leggibili, le sue storiche generalità. Fonti di illuminazione che occhieggiano al Deco; le lampade appese di Alvar Aalto anch'esse bianche e anni trenta. Due grandi tavoli a fronte con i ripiani di travertino ritagliati da una lastra originaria in modo complementare: i lati che si fronteggiano potrebbero far pensare a una stoffa ritagliata da abile sarto. E poi specchi, perché bisogna anche guardarsi e, soprattutto, che lo spazio si allunghi, ma in modo non simmetrico e totale. Poi gli ambienti per provarsi i vestiti, ovviamente; e le due vetrine che lasciano trasparire e respirare l'interno.
A chiudere il tutto, quasi a filo strada, due grandi sportelli scorrevoli in legno con, al centro, due mezzi quadrati di cristallo che formano, a porte chiuse, un quadrato perfetto. In modo che si legga bene sullo sfondo il nome Marzucchi al neon, anche di notte.
All'esterno, verso la soglia, due semi colonnini ai lati dell'apertura sulla strada, aspettano invano l'arrivo di una carrozza. I grandi sportelli, se chiusi, proteggono i vestiti nella vetrina in modo che non invecchino rimanendo sempre in vista.

E' la seconda volta, nella notte di sabato 13, che qualcuno ha tentato di dare fuoco a questi sportelli.
Ma questa volta c'era l'incentivo stuzzicante di bruciare facilmente il cumulo di cartoni che erano lì davanti, come a tanti altri negozi e portoni delle strade cittadine.
Si dirà che c'era stato, il venerdì, lo sciopero. Ma l'accumulo così a lungo delle carte e dei materiali infiammabili, di questi tempi, è molto attraente: sia per gli stupidi che, anche, per nuovi mascalzoni.
Occorrerà pensare anche a questo per difendere il più possibile l'ambiente del centro storico, o della città: che sono la stessa cosa.



                  
Collaborazione essenziale di Zeynep Mesutoglu.

                                









Foto d'epoca di Toni Garbasso