martedì 26 marzo 2013

La croce del Travaglio



C'è un unico caso in cui dalla Croce del Travaglio non si può andare in Piazza del Campo: cioè entrarci quando la piazza è già stata pulita. Accade a Siena nei giorni del Palio, quando tutto è già pronto per la corsa (prove o palio che siano) e la pista è sgomberata. Lo sgombero si dice in senese appunto: fare "piazza pulita".
Anche Marco Travaglio non è andato a Piazza Pulita: per due motivi. Dopo aver recitato il suo attacco a Piero Grasso nella confortevole e familiare trasmissione di Santoro " Servizio Pubblico", si è rifiutato però di affrontare un confronto col neo-Presidente del Senato, in altra sede televisiva: Piazza Pulita, appunto.
Mentre Grasso, duramente attaccato a "Servizio Pubblico", era comunque disponibile al confronto diretto, ma in una sede forse più neutra, Travaglio invece si è rifiutato di farlo.
Ieri sera, quindi,. Grasso ha affrontato con calma le domande del conduttore che aveva imparato diligentemente tutti i punti nevralgici toccati da Travaglio. E tutto pareva finito. Quando, con tempismo perfetto, il conduttore (che è apparso forse ben condotto) ha annunciato che, Giovedì prossimo, Travaglio giocherà, di nuovo da solo, in casa il suo antisportivo gioco. Spero che Grasso consideri chiusa la partita e che il dossierista Travaglio ci metta pure sopra la sua croce.
Poteva certo considerare la cosa chiusa anche lui e così tacere: ma lui tace quando gli pare più opportuno. Ad esempio nell'occasione dello spettacolino di rientro di Silvio Berlusconi, proprio a "Servizio Pubblico".

mercoledì 20 marzo 2013

Recupero a costo zero?

Il complesso residenziale a Torre Fiorentina, lungo la via B. Tolomei, ha ormai quasi quarant'anni. E ora li dimostra tutti.
Risulterebbe essere ancora complessivamente di proprietà pubblica, ma con gestioni differenziate che possono rendere complicati gli interventi ormai non rinviabili.
Il complesso comprende, oltre che le residenze, attività pubbliche o di pubblico interesse. Come ancora si vede, è strutturato in modo da formare un nucleo di forte carattere urbano: con percorsi pedonali interni e autonomi rispetto alla viabilità esterna, e con spazi pedonali ampi e aree di parcheggio interne.
Ha tuttavia subito nel tempo diverse modifiche che, apparentemente innocue, hanno in realtà alterato la originaria qualità: degli spazi di uso pubblico soprattutto.
La prima alterazione - la più innocente - fu subito la eliminazione dei colori nelle pareti esterne dei vani ascensori. La sera, con le luci accese, sarebbero apparsi tre colori diversi per ognuno degli edifici alti: rosso, giallo, verde.
Alcune alterazioni sono state invece anche stupide: ad esempio il riempimento con terra di una piccola area rotonda, entro e attorno alla quale si poteva sedere, eccetera.
Cosa assai più grave è però non aver mai svolto una regolare manutenzione, specie degli esterni. Così si mantiene una pubblica proprietà e un importante luogo urbano?
Ora che il degrado è al limite, si rende necessario addirittura un vero e proprio restauro.
Il complesso architettonico è stato più volte pubblicato. Finché, nel 2011 (nello studio promosso da: Ministero per i Beni Artistici e Attività Culturali; Regione Toscana, Giunta Regionale; Fondazione Giovanni Michelucci onlus) il complesso è stato inserito tra le "opere di rilevante interesse storico artistico". (L'architettura in Toscana dal 1945 ad oggi, Alinea editrice). Secondo la mia opinione si tratta ormai di operare un vero e proprio recupero urbano, dando continuità al percorso pedonale interno rimasto da sempre, nel tratto a sbalzo, chiuso verso l'adiacente complesso scolastico, ormai quasi demolito. Eppure, con un nuovo riuso di quest'area, il complesso potrebbe assumere, finalemente, in modo più completo il ruolo e la fisionomia di "centro del quartiere".
L'obbiezione facile sarà che, di questi tempi, non ci sono i mezzi per fare un'operazione così impegnativa.
Si può rispondere subito con due osservazioni. Primo: il recupero deve essere progettato e programmato con intelligente misura e tempistica; perciò con una conduzione rigorosa e trasparente tesa a produrre anche lavoro socialmente utile.
Secondo: il completamento del "centro di quartiere" con il riuso dell'area della scuola in demolizione può essere effettuato mantenendo in quell'area attività di pubblico interesse e ricavandone, con la cessione, i mezzi economici per compiere il restauro del complesso esistente.
In sintesi il recupero del "centro di quartiere" può avvenire a costo zero.
E' con operazioni simili che si misurerà la capacità di operare sull'esistente e, allo stesso tempo, la reale efficienza della pubblica amministrazione.

 
 

Foto: Augusto Mazzini in cantiere (1973); 1. Guida all'architettura moderna. Italia, gli ultimi 30 anni, Zanichelli 1988; 2. L'architettura in Toscana dal 1945 ad oggi, Alinea editrice, Firenze 2011

Foto di Luca Capacci, marzo 2013

lunedì 11 marzo 2013

κρίσις cioè decisione


Nel 1978, quando a Siena si facevano, e si continuò per alcuni anni, mostre che avevano un senso (seguivano cioè un percorso rigoroso), Cesare Brandi, nel catalogo per la mostra di Rutilio Manetti (1571-1639) parlò di "città derelitta". Cosa scriverebbe ora di Siena?
Molti lo citano tuttora, alcuni con particolare frequenza e affezione; ma nessuno - mi pare - con la stessa sua durezza, tanto più tagliente per l'amore scontroso che egli aveva per la sua città.
Mai come oggi si può trarre lo stesso giudizio, non tanto negli articoli che giornali nazionali e internazionali producono ogni giorno su Siena, quanto in mille segni, pesanti ma anche minuscoli, che la città esprime da sé.
E' inutile descrivere e ripetere questi segnali che i cittadini, e non solo essi, possono leggere o avvertire piuttosto come un profondo malessere. Una sorta di progressivo vortice che, prima largo e perciò più nebbioso, si è poi infilato nella città e nell'animo di molti, come una punta tagliente; e, alla fine (?), tragicamente dolorosa.
Eppure i primi segni si leggevano già da molto tempo: nello scadere quantitativo e qualitativo delle attività commerciali: sempre meno libri e prodotti di valore intrinseco; e sempre più mutandine e scarpe. Mentre crescevano le chiusure e le riaperture precarie e pateticamente multietniche: una specie di miseria esotica parallela all'impoverimento della città e dei suoi cittadini.
E poi le maggiori istituzioni in crisi non solo economica: il Monte dei Paschi al di là di ogni concepibile previsione; i partiti (quelli realmente esistenti, verrebbe da dire: uno solo) che ancora non hanno colto tutte le ragioni di questa situazione (certamente non solo senese) e gli spunti di una rinascita che tuttavia, paradossalmente, possono nascondersi proprio entro la crisi stessa.
Crisi, come si sa, significa anche decisione: dunque scelta. E' ricominciando dal di dentro di essa che si può trovare la via d'uscita: certo non breve né facile.