mercoledì 27 giugno 2012

Mobilità liscia e fluida




Qui Vienna città di mare!,  Benvenuti a bordo.
Il Danubio sembra proprio l’oceano. E’ il più lungo corso d'acqua navigabile d’Europa.
Corre entro i confini di dieci nazioni, lambisce quattro  capitali  (Vienna, Bratislava, Budapest e Belgrado). Alla fine sfocia nel Mar Nero. Dopo la costruzione del canale Reno-Meno-Danubio (1992), è collegato anche al Mare del Nord.
Oggi è un corso d’acqua di  3.500 km, da Mare del Nord a Mar Nero. In prossimità della città di Vienna si ripartisce in quattro bracci: Il grande fiume della tradizione; Il canale o piccolo Danubio che permette di raggiungere il centro di Vienna; il vecchio Danubio;
infine Il nuovo Danubio risultato dello scavo di un tratto d’’argine del grande fiume e della la creazione di un’ isola artificiale parallela.
Con l’arrivo della bella stagione le rive del quattro bracci  si animano di frenetica vita balneare. Spiagge, approdi, bar, ristoranti, piccoli porti turistici, spazi per lo sci d’acqua. La grande rotta nord/sud  è percorsa da navi di portata oceanica e da piccoli navigli di ogni tipo. Enormi chiatte per il trasporto di autoveicoli e merci sfuse, portacontainers, mondanissime navi da  crociera, naviglio da diporto di ogni tipo, a vela e motore. Solo le unità più piccole possono anche accedere al canale che si insinua sin nel cuore  della città.
Nella stagione balneare, sui bordi del  canale, vengono create spiagge  temporanee con sabbia riportata, dove la gente prende il sole e fa il bagno, mentre sui ponti e sulle vie laterali scorrono veicoli e tram e la quotidianità lavorativa continua.
Il vecchio Danubio è  un’ansa del Grande fiume, baipassata e trasformata in un bacino riservato al piccolo naviglio da diporto. Il nuovo Danubio è certamente il braccio più tranquillo e romantico: prediletto dai cigni e dai liberi bagnanti.
A Vienna è tutta la mobilità a scorrere liscia e fluida come sull’acqua. In superficie o canalizzata nelle viscere della terra. Non solo mezzi rotabili moderni ed efficienti. Anche molte carrozze a due cavalli, con asburgici cocchieri in bombetta a cassetta. E biciclette, per le quali sono previsti 1200 chilometri di piste segnalate e sicure.
L’architetto e urbanista Otto Wagner aveva pensato di fluidificare gli spostamenti del Kaiser dal centro della città alla suburbana residenza di Schönbrun dragando, sino alla navigabilità, il piccolo fiume Wien (stesso nome della città). Che ci passasse almeno una piccola feluca.
Ma il pescaggio non bastava. C’è riuscito lo stesso con una imperiale ed esclusiva  linea ferroviaria e sontuosa stazione privata terminale, il Hofpavillon.  Solo per Lui e per i soliti happypochi della vecchia felix Austria.


Veduta del Donaukanal




Dal nostro inviato a Vienna, Pier Mario Lomazzi

martedì 26 giugno 2012

Nelle more di Cuna




La Grancia di Cuna è situata nel territorio comunale di Monteroni; ma non c'è dubbio che, per la complessità della sua storia, per le sue dimensioni non solo fisiche, e per la vicinanza alla città di Siena, può di fatto essere considerata, tra le diverse grance ancora esistenti, un autentico prolungamento del Santa Maria della Scala: il più antico ed esemplare complesso ospedaliero e assistenziale italiano, se non europeo.
E' interessante leggere come, anche nelle descrizioni turistiche più attendibili (touringclub.com e Museo Galileo - Istituto e Museo di storia della Scienza), venga descritto ancora oggi come "in perfetto stato di conservazione edilizia". Non è così: si può dire che è "salvabile", che è "recuperabile"; ma l'attuale stato, nonostante l'affidamento alla Amministrazione Comunale di Monteroni, è piuttosto di abbandono. Non solo perchè i già finanziati lavori di ricostruzione e restauro della copertura non sono, almeno fino ad oggi, mai iniziati; ma anche perchè la normale manutenzione esterna ed interna non risulta, a quello che si vede, effettuata con la necessaria continuità. Tutto questo nonostante la coraggiosa decisione dei proprietari di quasi tutto il complesso monumentale, di cederlo gratuitamente per 99 anni al Comune, con l'impegno - appunto - di fare manutenzione e restauri. Questo al fine di renderlo progressivamente agibile per una utilizzazione sociale e culturale. L'acustica dei Granai diviene, in presenza di un pubblico, perfetta!
Pochi sanno che la Grancia di Cuna è stata oggetto di studio nei 9 anni di presenza a Siena dei corsi dell'ILAUD (Laboratori Internazionali di Architettura e Disegno Urbano) diretti da Giancarlo De Carlo, indimenticabile intelligenza dell'architettura italiana. Ma per Peter Smithson, uno dei veri maestri di quei laboratori e, per sua fortuna, conosciuto e amato dalle menti più aperte della cultura architettonica (e non solo), la Grancia di Cuna è stata occasione di fondamentali arricchimenti del pensiero progettuale.
E' dalla conoscenza e dallo studio diretto dell'organizzazione funzionale e spaziale di quel complesso, che è nato il concetto-principio progettuale del conglomerated ordering, traducibile in "ordine conglomerato", però difficile da intendere. Se uno sfoglia invece i due volumi su Alison e Peter Smithson editi da The Monacelli Press, 2001 e 2005, New York, troverà, di Peter, quasi come un ultimo bagliore della intelligenza dei luoghi e del progettare, pagine, figure, parole ed edifici realizzati (università di Bath) che meglio chiariscono quella intuizione. Secondo me da far fruttificare ancora. E lo dico, perchè fortunato testimone dello sviluppo di quel pensiero, nato proprio lungo la rampa interna della Grancia.
Dunque non solo una grande storia antica, di quel luogo, ma una presenza viva nella contemporaneità.
Che fare oggi? Non so se il Comune di Monteroni ce la farà, almeno a fare quello che è obbligato a fare: cioè salvare la copertura e provvedere ai necessari consolidamenti.
Di una cosa sono sicuro: che la Grancia di Cuna è un complesso troppo grande, non solo fisicamente, e troppo ricco di prospettive di uso, che un Comune piccolo come Monteroni non ce la farà mai ad affrontarlo nelle sue necessità e potenzialità.
E neppure Siena ce la farà. Non solo per il suo stato economico attuale; ma se non lo iscriverà almeno tra le cose da realizzare, se l'obbiettivo di divenire Capitale Europea della Cultura, è davvero una cosa possibile e seria.

Bath as a fringed mat. 1988 plan update
(Bath come un tappeto sfrangiato, 1988 pianta aggiornata)
La Grancia di Cuna, pianta primo piano
Santa Maria della Scala, 1901, piano basso

Peter Smithson: Where, Why and How. Year book ILAUD 1988/89 pagg. 66-71


Grancia significa granaio fortificato.
Lo spedale già esistente nel XII secolo lungo la Via Francigena per assistere i pellegrini, nel XIII secolo divenne proprietà dello Spedale di Santa Maria della Scala. Ampliato e ristruitturato, fu poi fortificato per salvaguardare le riserve di cereali e grano.
La Grancia di Cuna ha ospitato personaggi di grandissimo rilievo e aiutò più volte Siena in occasione delle carestie

mercoledì 20 giugno 2012

Siena e i suoi cavalli

Schizzo di Augusto Mazzini, credo degli anni 70

Annunciato da un caldo torrido, si avvicina il Palio di luglio, che per essere torrido non avrà bisogno della metereologia, basta scorrere i nomi delle 10 contrade che correranno. Si preannuncia un Palio combattuto e non è difficile pensare che le "diplomazie" contradaiole siano già impegnate, da tempo, a tessere le loro fila. Le occasioni pre-paliesche per questo tipo di attività, oggi diventata quasi professionale, non mancano: le decine di corse nella provincia e dintorni, i palii disseminati nel centro nord (Fucecchio, Asti, Abbiategrasso, Ferrara anche se terremotata, Castiglion Fiorentino, etc.), la quantità di fantini e soprattutto di cavalli passati sotto osservazione. Anche illustri sconosciuti: Occolé, Intiveddu, Melantò de Aighenta, Nassim, Manna de Ozieri, Noioso, Oscarin, Nadir de Morez, Manneddu, Incantado, Akcent e cento altri, che quasi sicuramente non vedranno Siena.
Si può parlare di inflazione paliesca e cavallistica, dato anche l'ampio spazio dedicato a tutto ciò nella stampa locale? Ma il Palio è forte e vincerà.
I cavalli del Palio sono animali straordinari, belli a vedersi e sicuri, se ben preparati. Per chi li ha visti nel periodo di riposo nelle scuderie che li ospitano e li preparano, trovarseli davanti, nei loro recinti, è talvolta impressionante. Ho in mente una visita, fatta con un mio amico - il prof. Manlio Vendittelli, esperto ed amante dei cavalli - ad Istriceddu, cavallo plurivittorioso. Più grosso che in piazza, più peloso, un'agile belva nei movimenti dentro lo steccato, potente e aggressivo: fuorché con il mio amico, che riuscì persino a farsi baciare sulla guancia. Io ero a distanza di sicurezza.
Pochi mesi fa si è visto un film, "War Horse", in cui un cavallo è l'eroe eponimo di tutta la storia. Sopravvive a continue stragi di soldati e di cavalli, compreso il suo amico fedele. La Prima Guerra Mondiale fu una atroce carneficina voluta dai regnanti dei vari paesi europei, tutti parenti tra di loro; i morti furono otto milioni, di cui italiani, quasi esclusivamente soldati, settecentomila; mi pare. Il Cavallo e il suo primo giovane padrone, alla fine, si ritrovano: anzi, sono proprio i nemici a riunificare l'uomo con il suo cavallo.
A Firenze, città dove le mostre si fanno anche sul serio, si è aperta una mostra intitolata "Bagliori dorati. Il Gotico internazionale a Firenze 1375-1440". Al centro dell'esposizione, che rimane fino al 4 novembre, il magnifico restauro, durato 3 anni e mezzo, della tavola di Paolo Uccello raffigurante la battagalia di San Romano: l'unica rimasta in Italia dopo la vendita Leopoldina delle altre due parti (ora alla National Gallery di Londra e al Louvre di Parigi).
La tavola raffigura Il disarcionamento di Bernardino Ubaldini della Corda, comandante delle truppe senesi (nello schizzo il suo cavallo è colorato in giallo). La sanguinosa battaglia vide, il 1 giugno del 1432 (580 anni fa), le truppe fiorentine contrapposte alla truppe senesi, alleate dei milanesi.
A terra, in primo piano, giacciono due cavalli feriti a morte.
L'A.D.C.D. (Associazione a Difesa dei Cavalli Dipinti) si è già mossa chiedendo di togliere la grande tavola dalla mostra, o cancellare i due cavalli morti.

venerdì 8 giugno 2012

Dio Bonino !



Alcuni (10 di numero) artisti (difficile e sempre opinabile auto-attributo) hanno auspicato l'ascesa alla Presidenza della Repubblica della senatrice Emma Bonino. Anche se l'attuale Presidente scade solo tra un anno, nel 2013: anno che sarà, prevedibilmente, ancora più difficile di questo. In tutti i sensi.
La7 si è rapidamente occupata del caso nella vivace trasmissione 8 e mezzo condotta dalla bravissima Lilli Gruber. Forse proprio lei, conoscendone la finezza, aveva giustamente voluto sullo sfondo un'immagine con Giorgio Napolitano insieme ad Emma Bonino.
Ma, per tutta la trasmissione, non è mai venuto fuori che un Presidente c'è e sarà in carica ancora per un anno. L'immagine è infatti svanita ad un certo punto.
Emma Bonino è stata brava ed efficente in tutti gli incarichi, per lo più internazionali, da lei ricoperti. Ma il suo egocentrismo sembra crescere con l'età e accende i suoi occhi azzurri.
Nella trasmissione nessuno ha fatto almeno il nome del Presidente attuale: che ancora c'è ed opera sfidando, nelle numerose peregrinazioni pubbliche, qualche fischio che è forse segno tangibile del disordine mentale purtroppo crescente.
Tantomeno l'ha nominato Emma, tutta presa a ricordare cosa ha fatto e cosa si dovrebbe fare; avendo più in mente un Presidente presidenzialista, che un Presidente della Repubblica ai sensi della Costituzione. Non eiste, poi, una candidatura per la carica di Presidente della Repubblica dal di fuori del Parlamento, per quanto scadente e sovraffollato sia oggi.
Alla Gruber che le chiede se Monti (attuale presidente del Consiglio e senatore a vita) sarebbe un buon Presidente della Repubblica, Emma risponde: "Penso di si". Per poi aggiungere maliziosamente, con malcelata finta leggerezza: "Ma io sono meglio!"

lunedì 4 giugno 2012

Che ciazzecca?


Dopo Bossi e i suoi (ex, presumo) celodurismi e le puliture di culo col tricolore ecc; dopo Beppe Grillo e le sue palate di guano per palati foderati di lamiera, mancava il Terzo uomo.
Ora ce l'abbiamo. Pur facendo le dovute distinzioni, si può mettere in squadra, come il classico giocatore da ultimi 10 minuti, Antonio Di Pietro.
Come attraversa sorridente lo spazio di sicurezza vuoto davanti a Montecitorio per fermarsi a parlare a telecamere e microfoni senza preservativo! Un uomo nato e cresciuto dentro le Istituzioni (polizia, magistratura, parlamento) pensa forse di avere mano libera in uno spazio-spazzatura lasciato ancora vuoto dagli altri di cui sopra?
Eppure è, con il suo partito, nelle giunte comunali e provinciali e nei governi regionali; ma la correttezza istituzionale - quella vera - sembra stargli stretta al collo, come una camicia una misura sotto, o un collo una misura sopra. Taurino, si direbbe.
Così tratta da pari a pari con il Presidente della Repubblica; con Giorgio Napolitano, cioè una delle pochissime risorse di civiltà rimaste a questo sfortunato paese, pur ricco di tanta gente perbene o, accontentiamoci, almeno educata.
Ma la sua scorza appare permeata di demagogia, che ora sta affiorando, come un retrogusto delle sue precedenti esperienze istituzionali. Una sorta di pre-potenza che è insita, a volte necessaria, nel poliziotto; e di pre-sunzione (prae-sumere) da ex magistrato.
Così ha urlato allo spreco per la minimalista celebrazione del 2 giugno (nascita della Repubblica Italiana!): la Repubblica è già morta, per lui?
E a Napolitano, che gli risponde: "Di Pietro non sa cosa dice", replica da pari a dispari: "Napolitano non sa cosa fa".