mercoledì 27 luglio 2011

Le mura rischiano la rovina

Una foto delle mura di Via Campansi
Da qualche giorno pensavamo di segnalare l'incuria in cui versano lunghi tratti delle mura storiche della città, anch'esse parte del Patrimonio dell'Umanità Unesco. Siamo contenti di essere stati preceduti dal reportage fotografico di Simone Benvenuti pubblicato sul Corriere di Siena di oggi. 

Effettivamente la ripulitura e manutenzione delle mura è difficile da realizzare, anche se è nel programma dell'Amministrazione Pubblica da tempo. E' infatti ancora irrisolto l'aspetto della competenza, perché le mura risultano proprietà dello Stato; nonostante ciò devono essere un impegno urgente per la città, che va gestito con decisione, e non è affrontabile con l'atteggiamento superficiale che ha contraddistinto le decisioni in materia di verde urbano negli ultimi tempi ( vedi post  pini stadio  frana San Domenico ). Le mura non mantenute si deteriorano sempre di più fino alla rovina.



Nel 1997 sulle mura c'erano solo fiori spontanei e sullo sfondo l'Appennino.

A.M., taccuino 14, 1997, Biblioteca Comunale degli Intronati


martedì 19 luglio 2011

La Fortezza della Musica



Le città nascono, o rinascono, anche da un primo solo edificio. Che abbia però, dietro, più che un piano una strategia: che è, per sua natura, più lungimirante e flessibile; e legata ad una decisione politica,  piuttosto che a procedure, approvazioni, decreti...Certo non sempre, ovviamente.

Ma il caso di Berlino è esemplare, per un insieme di coincidenti fattori e circostanze. In breve: finita la seconda guerra mondiale la città si trovò distrutta e divisa. Sopratutto la cosiddetta Berlino Ovest era tutta esterna al perimetro storico, fuori e oltre la Porta di Brandeburgo. In Germania c'era stata la diaspora durante il regime nazista di tanti intellettuali: ebrei e non. E tanti architetti, i massimi. 
Uno, Hans Scharoun, rimase, come annullandosi: senza progettare e costruire più niente, senza apparire mai. Di quel periodo rimangono, credo, solo disegni e schizzi di fantastiche ed improbabili architetture aeree. 

Non è un caso ma frutto invece di una scelta intelligente e significativa se a lui fu affidato il compito di delineare la nascita di una nuova Berlino. In coerenza con la strategia urbanistica più generale, Scharoun progettò e costruì la Philarmonie (1956 - 1960/63) come segnale di un nuovo inizio: il primo grande edificio in vista della porta di Brandeburgo, petto in fuori, di fronte ad un vuoto ed un confine che poi diventerà il Muro. 
Una Philarmonie, perciò un luogo denso di significati e suggestioni positive: la musica come linguaggio universale e anche come alto e nobile patrimonio della Germania. L'architettura, nuova anche come concezione spaziale e formale, rimase a lungo sola, in mezzo al pantano. Le persone arrivavano con gli autobus e con le calosce per poi cambiarsi nell'immenso ma razionale foyer. Poi venne Ludwig Mies Van der Rohe, con la nuova galleria d'arte moderna, architettura immensa; poi ancora Scharoun con la Biblioteca Nazionale: ricordate il film di Wim Wenders "Il cielo sopra Berlino" ?

Finché Scharoun è vissuto agli annuali incontri degli architetti tedeschi gli baciavano la mano. E c'é un filo, come autorevolmente rileva più volte Kenneth Frampton (Storia dell'Architettura Moderna, Zanichelli), che lega Scharoun ad Alvar Aalto e ad A&P Smithson. Questo filo è per me come un fiammifero che riaccende una fiamma.

Nel nostro piccolo, ed in mezzo alle difficoltà che sappiamo, può una città italiana riprendersi anche a partire da un edificio? E perché non Siena con l'Auditorium, magari ad opera di Renzo Piano, con la Fortezza che diventa Casa della Musica e Parco?


Augusto Mazzini




mercoledì 13 luglio 2011

La morte dei giganti buoni




Allo stadio è iniziato l'abbattimento di trenta grandi pini che, quasi da soli, assicuravano la contestualizzazione  con il centro storico. Purtroppo si sa già che l'abbattimento continuerà. Se ciò avvenisse anche sulla sponda opposta dello stadio, cioé quella verso San Domenico, sarebbe fatale, totalmente distruttivo dell'ambiente. Volendo sono ancora in tempo per fermarsi. Le giustificazioni finora espresse non sembrano essere all'altezza del danno che questa parte di città sta subendo.






 











martedì 5 luglio 2011

Troppe norme: chi tutela la qualità ambientale?



Le prime Norme Tecniche per l’attuazione del PRG della città di Siena ( il cosiddetto “piano Piccinato”) recitavano a proposito delle zone a vincolo assoluto: Vi è vietata qualsiasi nuova costruzione. E’ ammessa tuttavia la costruzione di piccoli edifici accessori ( autorimesse, stalle, etc.) a ville o edifici esistenti purché di modeste dimensioni e tali da non alterare l’aspetto del luogo.”
Poche parole semplici da capire, da rispettare, e far rispettare. Certo, siamo – a Piano approvato – nel 1959 –  in un’epoca diversa, dove valori e interessi erano più decifrabili.

Nel 1973 questa norma fu ritoccata, pur essendo ancora in vigore il Piano Piccinato: “Le zone di rispetto archeologico, paesistico, della viabilità principale, della zona cimiteriale, di acquedotto e elettrodotto, sono soggette a vincolo assoluto di inedificabilità, cioè in esse è vietato categoricamente ogni tipo di costruzione…” (seguono specificazioni limitative delle “piccole sistemazioni con ampliamenti limitati”).
Ancora parole semplici che però specificavano gli obiettivi del vincolo, senza sé e senza ma.

Con il Piano Secchi, è siamo nei primi anni ’90, giungono insieme più analisi, più letture e il progetto di suolo come punto di partenza e non di arrivo; considerando “che città e campagna sono situazioni da un punto di vista urbanistico tra loro differenti pur se richiedono atteggiamenti e politiche concettualmente analoghi… Così la conservazione dei caratteri fondamentali del paesaggio agrario della campagna senese implica una articolazione delle politiche ad esso relative che tenga conto eminentemente dei suoi connotati morfologici.”
Le parole sulla campagna senese sono alte ed il Piano è prescrittivo al riguardo, ma la felice sintesi si perde.

Oggi il vincolo assoluto si può dare per morto: viene da pensare che lo sia per due motivi principali apparentemente antitetici ma in realtà convergenti. L’urbanistica si fa più interdisciplinare e complessa, e oggi la risposta a questi temi si irrigidisce in una bulimia di sigle e normative, vere lapidi tombali della disciplina urbanistica. Contemporaneamente intervengono in maniera esplicita le ragioni dell’economia, le quali passano sotto la forma della necessità anche legittima di assicurare la sussistenza della produzione e del mercato, soprattutto quello che interessa le zone agricole. Così la maglia si allarga: maggiori e sofisticate letture e catalogazioni dei caratteri ambientali, e contemporaneamente aperture alla possibilità di edificazione quando ciò sia ritenuto utile alle necessità dell’attività agricola. Ed è proprio la Regione Toscana ad intervenire dall’alto con norme, che, nella pratica, supereranno le ragioni dei vincoli assoluti: vedi Legge Regionale 01/2005 art. 42. Da qui partono pericolose attenzioni verso le aree fino ad allora soggette - dove lo erano – a particolare salvaguardia.

Oggi in aree e ambiti di eccezionale valore ambientale, persino a ridosso di una città come Siena (una delle patrie del Vincolo Assoluto), anche con i Piani di Miglioramento Agricolo Aziendale sono stati di fatto superati i vincoli di tutela esistenti. Così gli interessi economici stanno trasformando luoghi fino ad ora giunti intatti nella loro straordinaria qualità. Meglio non fare esempi specifici, ma osservando i crinali collinari a Est della città  si notano alcune irreversibili manomissioni ambientali. Il problema è che non si può addossare tutta la responsabilità alla Legge Regionale prima richiamata (che comunque in contesti simili andrebbe perlomeno rivista) ma è inevitabile costatare la leggerezza con cui simili interventi sono stati valutati e consentiti anche dagli altri organi di gestione e tutela. Verrebbe la voglia di resuscitare il buon vecchio Vincolo Assoluto.





domenica 3 luglio 2011

La Repubblica.it, 29 giugno 2011

Anche Walter Gropius, nel 1933, lasciò la Germania e dopo una tappa in Inghilterra arrivò negli Stati Uniti: qui divenne figura centrale del rinnovamento dell'architettura e del suo insegnamento. Era stato anche marito di Alma Mahler; fu l' Humphrey Bogart dell'architettura !


foto di Louis Held c. 1919