martedì 19 luglio 2011

La Fortezza della Musica



Le città nascono, o rinascono, anche da un primo solo edificio. Che abbia però, dietro, più che un piano una strategia: che è, per sua natura, più lungimirante e flessibile; e legata ad una decisione politica,  piuttosto che a procedure, approvazioni, decreti...Certo non sempre, ovviamente.

Ma il caso di Berlino è esemplare, per un insieme di coincidenti fattori e circostanze. In breve: finita la seconda guerra mondiale la città si trovò distrutta e divisa. Sopratutto la cosiddetta Berlino Ovest era tutta esterna al perimetro storico, fuori e oltre la Porta di Brandeburgo. In Germania c'era stata la diaspora durante il regime nazista di tanti intellettuali: ebrei e non. E tanti architetti, i massimi. 
Uno, Hans Scharoun, rimase, come annullandosi: senza progettare e costruire più niente, senza apparire mai. Di quel periodo rimangono, credo, solo disegni e schizzi di fantastiche ed improbabili architetture aeree. 

Non è un caso ma frutto invece di una scelta intelligente e significativa se a lui fu affidato il compito di delineare la nascita di una nuova Berlino. In coerenza con la strategia urbanistica più generale, Scharoun progettò e costruì la Philarmonie (1956 - 1960/63) come segnale di un nuovo inizio: il primo grande edificio in vista della porta di Brandeburgo, petto in fuori, di fronte ad un vuoto ed un confine che poi diventerà il Muro. 
Una Philarmonie, perciò un luogo denso di significati e suggestioni positive: la musica come linguaggio universale e anche come alto e nobile patrimonio della Germania. L'architettura, nuova anche come concezione spaziale e formale, rimase a lungo sola, in mezzo al pantano. Le persone arrivavano con gli autobus e con le calosce per poi cambiarsi nell'immenso ma razionale foyer. Poi venne Ludwig Mies Van der Rohe, con la nuova galleria d'arte moderna, architettura immensa; poi ancora Scharoun con la Biblioteca Nazionale: ricordate il film di Wim Wenders "Il cielo sopra Berlino" ?

Finché Scharoun è vissuto agli annuali incontri degli architetti tedeschi gli baciavano la mano. E c'é un filo, come autorevolmente rileva più volte Kenneth Frampton (Storia dell'Architettura Moderna, Zanichelli), che lega Scharoun ad Alvar Aalto e ad A&P Smithson. Questo filo è per me come un fiammifero che riaccende una fiamma.

Nel nostro piccolo, ed in mezzo alle difficoltà che sappiamo, può una città italiana riprendersi anche a partire da un edificio? E perché non Siena con l'Auditorium, magari ad opera di Renzo Piano, con la Fortezza che diventa Casa della Musica e Parco?


Augusto Mazzini




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