lunedì 20 gennaio 2014

Senza titolo

Claudio Abbado nel saggio di direzione d'Orchestra del 1957
E' morto stamani.
Claudio Abbado ha resistito a lungo alla sua malattia. Che non fosse presente all'incontro dei nuovi Senatori a vita con il Presidente della Repubblica era stato un chiaro presagio.
Ora, quando il dispiacere proviene dalle corde più profonde, che si tendono da sole, non c'è che un grande dolore. Piangi e basta, semmai: perché provi una violenta commozione che mette insieme tutti i motivi che pur avevi in te per reagire così.
L'avevo incontrato solo a Ferrara: per il Flauto Magico e per il concerto con Martha Argerich: con la sua orchestra di giovani, la Mozart, che si è chiusa da poco. E questo è stato l'allarme più grande perché indicava, in Abbado, non solo uno dei più grandi direttori del mondo, ma anche un costruttore di cultura e di talenti. Un'intelligenza e una capacità di tenere insieme di cui, invece, c'è sempre più bisogno.
La sua stessa asciutta fisionomia ne faceva leggere il carattere, la tensione etica e intellettuale, la estesa sensibilità: la sua nobiltà che si rifletteva anche sul nostro paese.
Ma lasciamo che altri parlino di Lui con maggiore conoscenza e competenza. Mi limito a mostrare, con le immagini che accompagnano queste righe impacciate, un Claudio Abbado giovanissimo allievo  a Siena dell'Accademia Chigiana.
Penso che da queste immagini si percepirà la differenza tra la Chigiana di allora e quella di oggi.
Ci vorrebbe un coraggio, una durezza, una competenza, un amore, che io non intravedo, per riallacciare un filo così difficile.


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