mercoledì 19 novembre 2014

Como è Trieste Venezia (Lelio Luttazzi?)

Perchè confessare la propria tristezza. Penso che la tristezza, al di là di quella individuale, personale, intima, che ha veri motivi piccoli o enormi che siano; la tristezza, dicevo, può essere inconsapevole, uno stato quasi naturale dell'essere. Come il suo opposto: la soddisfazione. Ma la soddisfazione è mediocre, di segno materiale: quindi chi ce l'ha se la tenga.
Ma quando la tristezza è estesa, diffusa, leggibile, lo è anche nelle persone e nei luoghi. Anche una città (la città) può essere triste: nel suo insieme. Grande o piccola che sia. Persino Roma, la sguaiata, può esserlo. Specialmente di questi tempi. E Siena. Ma non ci intristiamo.
Anzi, intristiamoci semmai con cattiveria, guardando insieme tre cose tristi per la loro presunta qualità, o per la finta allegrezza, che è la stessa cosa.
Prendiamo quindi tre foto di architetture da due stimate riviste arrivate da poco sul tavolo: Casabella e L'industria delle costruzioni.

La più ipocrita: formalismo cimiteriale.
Paolo Zermani, cimitero di Sansepolcro, ampliamento

La più sciancata: una scala inutilmente complicata.
Giovanni Maciocco, Santa Chiara ad Alghero, recupero

La più sguaiata: un Biomuseo, gigantesco accrocco e costoso giocattolo.
Frank Ghery, Biomuseo della natura, Panama

Nessun commento:

Posta un commento