martedì 25 ottobre 2011

Campospregio

Alessandro Maffei, Veduta di Siena dalla Chiesa di San Domenico, prima metà del secolo XIX

Ormai l'occupazione privata e la trascuratezza pubblica dei luoghi, che dovrebbero essere intoccabili per come sono e dove sono, sono già oltre il giusto limite di sopportazione; e di decenza, per una città che giustamente vuole ambire ad essere, nel 2019, Capitale Europea della Cultura.
Saremo capaci di tornare indietro per andare avanti? "Ma mi faccia il piacere!" direbbe il principe Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis di Bisanzio Gagliardi.
Limitiamoci all'esempio forse più ricco, cioè più sfacciato. Si tratta della fascia che guarda la città storica, andando dall'inizio di San Prospero, dove furono tagliate le mura nel 1919, fino a San Domenico - inizio di via della Sapienza e, scendendo, via di Camporegio. Qui ogni possibile spregio è stato sperimentato. Un rapido elenco: l'affaccio alla destra del cosiddetto Appaltino (per chi non è di Siena l'ex dazio o gabella, oggi piccolo supermarket) è rovinato da almeno tre presenze: parcheggio lungo il bordo strada che taglia la veduta, cassone dei rifiuti proprio nel punto in cui meglio si può rovinare la visione del Duomo, privatizzazione del magnifico taglio tra Appaltino e taglio delle mura.
Poi la zona di San Domenico: segnaletica di tutti i tipi necessari per dis-orientare, paletti e catene a sfare, postazione complessa dei Telepass che si proiettano proprio contro la silhouette del centro storico.
A seguire, estensione coperta e chiusa a vetri di un esistente bar d'angolo con via della Sapienza. Il volume chiuso dà prova della sua presenza non stagionale grazie a una padella/parabola posta sul retro: che è anche un davanti.
Infine Caporegio, nome impegnativo; luogo di densa osservazione sul corpo più straordinariamente in mostra della città storica; qualche panchina di ferro addossata al lungo muro, una siepe bassa, normali passanti. Per lungo tempo non c'è stato alcun parcheggio e sull'antico muro si aprivano solo poche botteghe artigiane e una cantina privata.
Oggi niente è più come prima: i cambiamenti non sono tutti recenti, ma ora siamo alla distruzione del luogo attraverso la sua completa e privata mercificazione. Hanno cominciato le attività di ristorazione: prima timide, poi accattivanti (Nonno Mede, che purtroppo non abbiamo avuto la fortuna di conoscere), infine più strutturate e spocchiose. Le proiezioni all'esterno su suolo pubblico, certamente concesso per rendere la città più ricca di offerte per i visitatori, sono cresciute di numero e di dimensione; non so se siano mai state stagionali, ma le strutture di copertura e chiusura aspirano chiaramente ad una continuità temporale: ventilatori d'estate, arrostimento dall'alto d'inverno. Anzi, ora siamo certi che è così, perché proprio domenica 23 si è inaugurato un nuovo ristorante dal nome originale: "San Domenico". Il quale avrà - anzi ha già - un "Dehor riscaldato con vista mozzafiato (e mozzarella? n.d.r.) sul Duomo e sulla Torre del Mangia".
Dehor è, in parole povere, un volume posto all'esterno: certamente autorizzato. Si restringe, quindi, ulteriormente lo spazio pubblico e il pubblico passaggio/passeggio.
Da ultimo, ma non per ultimo, un garage privato ma, si immagina,  messo a disposizione di chi verserà l'obolo richiesto per usarlo. Quindi richiamo di auto e definitivo taglio della bella continuità del muro esistente e antico. 
Ma per finire con il tripudio, ecco come è stato rimediato il difficile problema della grande porta del garage (la cui vicenda urbanistica è piuttosto intricata): quale materiale usare, quale colore? Nessuna paura: la porta è stata rivestita con le stesse pietre del muro, mi immagino ridotte a fettine, ma poste in continuità con esso. Una vera bellezza. Sono porte rare: le produce la ditta Sesamo, compresa l'apertura vocale!

Giardino pensile e vigna distrutti per un garage, come mai? del 23/02/2011

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