giovedì 24 gennaio 2013

Aprire le stanze

Leonardo da Vinci. Pianta di Imola.Windsor, Bibl. Reale, n.12284
da "Leonardo architetto e urbanista ", UTET,Torino, sett. 1971

Chi non farebbe oggi, almeno a parole, delle Riforme?
Siamo in campagna elettorale, in quella per le “politiche” le riforme che si chiedono e/o si annunciano possono essere infinite se si considerano le diverse, plurali - e anche personali - declinazioni. Solo Grillo - e mi scuso se ne accenno - farebbe invece saltare tutto: a parole, come si deve in una comica finale.
Ma di riforme, anche radicali, il cosiddetto paese reale ne avrebbe certamente bisogno. Ma che il costo, questa volta, lo paghi di più chi ha di più .

Anche l’urbanistica ha ormai, in Italia, assolutamente bisogno di una riforma quadro: cioè nazionale. Demandandone poi una articolazione più aderente ai luoghi - ma in linea con la formulazione costitutiva - alle Regioni. Nessuna esclusa, comprese cioè quelle cosiddette a statuto speciale: le quali, semmai, dovrebbero distinguersi per maggiore severità.
Nella pratica urbanistica si potrebbe parlare addirittura della necessità di una rivoluzione: paradossalmente, insieme innovativa e conservatrice; nel senso più alto del termine.
Introdurre competenze, strumenti di studio, previsione e controllo, che accolgano continuamente quanto le culture afferenti andranno producendo. E, insieme, mantenere o recuperare gli strumenti della migliore tradizione: dalla lettura percettiva e analitica dei luoghi, all’uso della morfologia, del disegno e della progettualità: cioè dell’approccio concreto e tentativo.
Tutto questo nell’ambito di una azione comune: né demagogica, né supina, ma dialettica e disponibile.
Abbiamo quasi distrutto un patrimonio di competenze e di integrazione culturale, lasciando spazio a norme, sigle, regole e controlli raramente di merito; più spesso, se non sempre, di burocratica deresponsabilizzazione. Ridisegnamo piuttosto competenze e rapporti; conteniamo i passaggi inutili e i pareri parziali e dannosi. Riscopriamo un modo di lavorare più collaborativo; chiudiamo gli angusti uffici dove l’online defunge nel cartaceo.
Apriamo larghe stanze in comune tra tecnici istituzionali, progettisti e competenze specifiche individuali ma necessarie.
Per le città medio-piccole e per parti di grandi città (ove necessario e possibile) cacciamo dalle finestre i rendering prematuri; e dalle porte facciamo rientrare i plastici fattibili, oggi, con materiali nuovi e felicemente sperimentali: almeno fino ai risultati finali. Ma di nuovo pronti e disponibili quando le realtà dei luoghi si evolvono.

Veduta sul nuovo Piano Regolatore di Siena, disegno di Luigi Piccinato (1953?)

Siena, 1965. Alvar Aalto pone la mano sul plastico in gesso (fornito dal Comune di Siena) a segnalare la Fortezza Medicea come perno tra la città storica e le nuove espansioni.

Otranto 1979: il Laboratorio di quartiere promosso da Renzo Piano per la partecipazione alla riabilitazione.

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