venerdì 16 settembre 2011

Filing






"Le sue opere forse più celebri [...] sono in fondo dei montaggi perversi e sarcastici d'interni consumistici e malati di perbenismo, ove irrompono, come Superman improbabili, vanitosi culturisti, che però hanno la dimensione fragile d'un cartellone ritagliato, o delle lucide casalinghe nude-cotoletta. che agitano  segnali stradali che non portano da nessuna parte."


Marco Vallora, LA STAMPA del 14 settembre 2011


Credo, ne sono anzi sicuro, che LA STAMPA sia l'unico quotidiano italiano che, in data 14 settembre c.m., abbia dato ampia e informata notizia della morte dell'artista inglese Richard Hamilton: il "decano" del Pop inglese, cioè mondiale.
L'articolo era intitolato "Hamilton, la pop-art in salsa britannica". In effetti il Pop inglese si è distinto per le origini colte, molto europee (Duchampe e persino Picasso). Ma si è distinto anche per i fili che ha annodato tra le varie arti. Facciamo dei nomi: la fotografia (quasi neorealista); Nigel Henderson; la scultura, Eduardo Paolozzi (scozzese); la musica, Paul McCartney; l'architettura, Alison e Peter Smithson.
Mi scuso di citare spesso questi due architetti, importantissimi però per la storia dell'architettura moderna; e per me personalmente.
Ma ci sono fili, per lo più mentali, e privatissimi che ci legano, grandi e piccoli che noi si sia.
L'articolo di Marco Vallora è un piccolo/grande esempio di qualità giornalistica: colto e leggibile; che contribuisce anche a spiegare l'attuale forte crescita de LA STAMPA: ora forse il più bel quotidiano italiano.
Mi sia concesso un ultimo, non secondario filo. Quando Vallora distingue il pop di Hamilton da quello americano, ne fa una descrizione esemplificativa che sembra avere sott'occhio la cartolina (qui riprodotta) che io tengo esposta tra i libri della mostra romana sulla Pop-art nelle Scuderie del Quirinale (2007/2008).
Ancora scusa per l'eccesso di personalizzazione.

A.M.

Nessun commento:

Posta un commento