Mi ricordo di quando, eravamo nei primi anni sessanta credo, ero un ragazzo perciò, mi affidai il compito di "allestire" una mostra costituita da 400 (quattrocento) fotografie sui campi di sterminio nazisti: nude e crude. E questo nel cortile del Palazzo Pubblico di Siena: spesso scuro anche d'estate. La mostra forse fu in primavera perché non ricordo né caldo né freddo; non ricordo né l'anno né il giorno e non so se c'era già il Giorno della Memoria.
Decisi di attaccare da solo le foto, una per una, sui ferrigni mattoni di quel bellissimo entrone, dove il cielo piomba inquadrato fino a terra: delimitando ancora di più l'alto porticato attorno. Le attaccai tutte, le fotografie, sul lato destro entrando dalla piazza: nel tratto dove la superficie non era interrotta, né ai lati, né in alto, arrivando fino alle volte.
Non voglio dire niente di nuovo, che oggi non si sappia; per me però fu una continua corsa entro l'orrore: fin dentro i dettagli più orribili. Le foto venivano da Modena, erano un po' marroni mi sembra di rammentare; erano senz'altro copie ma, essendo già state mostrate altrove, erano un po' ingiallite: non stese ma un po' svergolate. Perciò autentiche.
Io le attaccai partendo dal basso mentre qualcuno me le passava. Così salii in alto, una foto accanto all'altra: non in file regolari ma come un albero dell'orrore. Tutto in un pomeriggio.
Non dico altro perché volevo dire una cosa sola, in realtà: tutte le mie sensazioni - ed i sussulti che pure ci furono - si concentrarono alla fine nelle mie mani. Un po' accartocciate e asciutte, senz'altro anche polverose: di una polvere sottile. Ma sentivo un odore, o credevo di sentirlo: può suonare ora retorico e me ne scuso.
Ma io sentivo l'odore della morte orrenda, della vita orrenda peggio della morte.
Augusto Mazzini