Credo
di aver già scritto su questo Blog dell’importanza dello schizzo in
architettura. Vale comunque la pena di continuare a parlarne, rimanendo, quella
dello schizzo, una pratica tuttora di fondamentale utilità per intraprendere un
progetto:a qualsiasi scala.
Chi
sa farlo la eserciti, ciascuno a suo modo, per individuare con concisione ed
incisività i lineamenti essenziali di un futuro progetto; e, anche, di edifici o luoghi
esistenti di cui si voglia cogliere l’essenza spaziale, o anche solo formale,
per poi agire su di essi se è il caso.
Penso
ancora che lo schizzo, arte praticata nei secoli, abbia trovato soprattutto con
Le Corbusier il modo di sintetizzare i tratti rivoluzionari dell’architettura Moderna.
Si
chiamava ancora Charles Edouard Jeanneret quando, ventenne a Siena (siamo nel
1907), con un disegno assolutamente sintetico e motivato tracciò i caratteri
essenziali della Piazza del Campo.
I
connotati che distinguono lo schizzo moderno
(e ancora attuali) sono: la evidente rapidità della esecuzione, l’essenzialità
del segno, la condensazione della qualità spaziale. E’ forse per questo che lo
schizzo va oltre la pura percezione visiva: vede
più degli occhi perché interviene su una sintesi che appartiene di più a
meccanismi della mente.
E’
importante sottolineare questo aspetto specialmente oggi, quando la mano deve
affrontare la sfida elettronica del computer, cioè dei cosiddetti rendering: talvolta così prematuramente
esatti e completi da risultare, per questo, falsi. Cioè ingannevoli, perché
anticipano, senza sondare nel profondo ma anzi con un eccesso di pretesa
precisione, ciò che sarà inevitabilmente diverso. Se il progetto ha l’ambizione
della faticosa ricerca della qualità, questa è sterile senza la presenza
fruttuosa del pensiero in formazione, di
cui lo schizzo è un frutto.
Ma
può essere compatibile l’uso complementare e collaborativo del disegno a mano e
dell’uso del computer? Penso di sì, se di questo si sceglie, con prudenza,
nella vasta gamma di provocanti e crescenti possibilità. Tutto però, come
sempre, se è presente il necessario talento, che non è un dato universale e
automatico; o comunque, una forte volontà di autentica ricerca, consapevoli di
essere solo all’inizio di un processo tentativo
(Giancarlo De Carlo).
Si
può fare un esempio facile e sperimentato: affidando al computer il compito non
secondario, né subordinato, di dare colore, di animare, dare unità formale al
disegno complessivo, lo schizzo originario può arricchire la sua capacità di
rapida e concentrata comunicazione: arrivando a produrre talvolta un risultato
che può assomigliare persino alla litografia; specie se il colore, cioè il
computer, è agito con astuzia e sapiente freschezza.
Purtroppo
ci sono casi in cui alcune cosiddette superstar
pensano, invece, che sia sufficiente la loro fama mondana (ancorché
meritata) a dare pregio ai loro discutibili schizzi: talvolta svelti e furbi
disegnucci ex post.
PS. Ma ci sono casi, anzi ce n'è uno, in cui si è andati e si va oltre lo schizzo come disegno anticipatore. Sono gli schizzi di Renzo Piano. Autentiche linee forza che, come il gesto di un direttore d'orchestra, danno il via alla esecuzione (progettuale ovviamente); e anche l'accompagnano.
A.M.