Il complesso residenziale con attrezzature e servizi (così è definito su Italia. Gli ultimi trent’anni, Zanichelli, 1988) identifica ancora, con la sua consistenza morfologica, il punto più alto dell’agglomerato urbano composto da Torre Fiorentina, Petriccio e Acqua Calda, cioè l’espansione più consistente della città di Siena.
Ma quel complesso non è più come nacque (1972/1975); né come, in anni
successivi, fu più volte pubblicato.
La prima volta fu L’Architettura, cronaca e storia, rivista diretta da Bruno Zevi (n. 11 nov. 1980) con la significativa
presentazione di Carlo Nepi.
Nè è come appare più tardi in altre
pubblicazioni: come il volume L’Architettura
civile in Toscana, dall’Illuminismo
al Novecento (2002), ultimo della fondamentale collana curata da Amerigo
Restucci.
Dunque un complesso architettonico di
interesse generale, risultando infatti inserito tra le opere di rilevante interesse storico-artistico, censite a cura della Fondazione
Michelucci (L’architettura in Toscana dal
1945 a
oggi (2011).
Purtroppo tutto quello che si vede in
queste pubblicazioni non corrisponde però alla reale condizione odierna di
quell’architettura e i suoi spazi .
Quasi un autentico disastro, invece!
Mi vergogno a dire che erano più di venti anni che non visitavo quel luogo
da me progettato, con la preziosa
collaborazione di Giovanni Barsacchi. Vedendolo da lontano, nella silhouette
del quartiere, sembra inalterato.
Ora è un’altra cosa: non solo per
l’assenza di ogni normale e doverosa manutenzione, ma anche per la miriade di
manomissioni che hanno reso quel possibile organismo urbano una brutta kasbah, piena di abusi (architettonici,
non legali si spera), di alterazioni, di interventi privi di ogni coordinamento
tra di loro e di intelligente dialogo con quella architettura.
Molte attività, che hanno trovato posto nei volumi esistenti allo scopo,
si sono alloggiate come ospiti abusivi alla ricerca di un posto: senza
aggiungere qualità, anzi.
Eppure la presenza di queste attività,
anche socialmente essenziali, doveva essere il sangue che avrebbe reso quel
complesso un pezzo, vivo e vitale, di un futuro Centro del grande quartiere,
ormai da integrare come un vero pezzo della città.
Chi oggi cammina per quei percorsi esterni e interni già esistenti si
accorge che le localizzazioni e il modo come sono state, funzionalmente e
formalmente, definite denota l’assoluta mancanza di un coordinamento continuo e
di alta capacità.
Bastano anche certi dettagli a indicarlo.
Si procede incontrando un groviglio di cattive e mancate soluzioni, più povere
che modeste. Tubi che si innestano tra di loro in modo stabilmente posticcio;
alcuni di essi appoggiano sul suolo come immobili serpenti; non c’è alcun segnale
coordinato che indichi direzioni e localizzazioni.
La pavimentazione degli spazi pubblici
era fatta da grandi piastrelle di cemento, di forte spessore, che senza
manutenzione avranno presentato nel tempo dei problemi (certo risolvibili): essa è stata
ridicolizzata dal rivestimento con piastrelle a colori dissonanti di per sé, formando
inoltre dislivelli dovuti a semplicistiche sistemazioni.
Chi ha progettato o diretto, e realizzato
tutto ciò? Perché il progettista dell’insieme non è mai stato nemmeno
consultato per esprimere almeno un parere?
Per non parlare, poi, della assurda e
orribile costruzione, attorno alla leggera copertura metallica esistente, di un
centro bocciofilo sistemabile altrimenti: che invece toglie luce, aria e
significato a quello spazio ampio, leggero e luminoso.
Confesso
che, per me, la “visita” è stata deprimente; perciò capisco benissimo il
giudizio, non richiesto, che una signora di età mi ha espresso: “Tutto uno
schifo, va a pezzi …”, o qualcosa di simile.
Ma limitiamoci ora a poche ed
esemplificative considerazioni.
Il comportamento della (delle) proprietà:
il Comune essenzialmente, e gli altri; cioè Cassa di Previdenza MPS, Diritto
allo studio (cioè Università) e altri. Ma il peso e la responsabilità del
Comune (Assessori del ramo e tecnici inadeguati) sono stati determinanti.
Già durante la edificazione si avvertì un
primo modesto segnale di ottusità burocratica: la piccola rotonda incavata nel
grande spazio aperto all’interno del complesso, che ormai si legge solo nelle
foto “storiche”, fu ritenuta pericolosa per i due gradoni a sedile, e recintata
da balaustre. Più tardi, come ora si apprezza, fu riempita addirittura di terra e
trasformata nella tomba di se stessa (vedi
immagine relativa).
Fu il primo segnale: i seguenti sono
stati ben più pesanti: vedi le inutili balaustre per mettere a norma gli innocui e misurati parapetti.
Quello che poi è avvenuto dal 1990 circa
in poi è di tale gravità da risultare, oggi, devastante per la qualità
dell’insieme.
Primo, l’evidente assenza di ogni attività di manutenzione, anche ordinaria, che ha lasciato deperire tutto:
materiali e condizioni generali degli edifici. Ad esempio: le verniciature
degli infissi e dei grandi tubi di aspirazione avevano anche la funzione (certo
estetica) di rendere più vivi i grandi prospetti in mattoni. E’ da pensare che
la mancanza di manutenzione abbia compromesso anche la condizione delle
coperture e il funzionamento di qualche impianto.
Sono intervenuti altri progettisti? Comunali o anche professionisti; o
chi altro? Mi ricordo solo della gentilezza professionale di Sandro Bagnoli che
mi chiese, diversi anni fa, se poteva fare una garbata apertura. E il Comune,
principale responsabile di questo disastro? Troveranno , il Sindaco e una
Giunta profondamente rinnovata, i modi, la volontà e i mezzi per restituire
dignità a quei luoghi affinché, in prospettiva, facciano parte integrante di un
nuovo e ampio Centro che quella parte di Città merita?
Io, è facile confessarlo, sono solo
mortificato.
PS.
Si può tornare alle origini?
Quando tutto era a riparo dalla imbecillità burocratica delle assurde messe in sicurezza.